Massimo Ricciardo

Darmstadt 1979
Vive e lavora a Torino
Studio visit a cura di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi e Federico Palumbo)
18 giugno 2024

Massimo Ricciardo nasce a Darmstadt, città in cui i genitori si trasferiscono dalla Sicilia prima della sua nascita. L’artista si forma quindi in Germania, attraverso un approccio sperimentale che lo porta a sviluppare un interesse per i musei d’arte e in particolare per la figura di Joseph Beuys, argomento della sua tesi di laurea. L’artista si trasferisce in Italia negli anni Novanta e frequenta il corso di Pittura all’Accademia di Firenze; la sua vita diventa un susseguirsi di spostamenti tra Italia, Germania e Turchia, dove ha insegnato per un breve periodo a Istanbul. Attualmente si è stabilito a Torino.

Le continue migrazioni che hanno caratterizzato la biografia dell’artista sono profondamente legate alla sua pratica: Ricciardo ha sviluppato un’attitudine alla documentazione, ereditata dal padre, attraverso la realizzazione di reportage dei suoi numerosi viaggi. L’attenzione alle abitudini e ai gesti familiari, accompagnata dalla tendenza a conservare scatti e oggetti, lo ha portato a coltivare un interesse – artistico più che scientifico – per l’archiviazione. Il lavoro dell’artista può essere paragonato ad una valigia colma in un lungo viaggio: una raccolta organica di diverse tracce ed elementi, sempre aperta a possibilità contingenti. Un tipo di approccio che tende al “non finito” pervade la cifra stilistica dell’artista, come è stato reso evidente dalla sua scorsa mostra personale Fragmento (2021), a cura di Bruno Barsanti da Bocs a Catania. In un hangar di cemento, Ricciardo ha realizzato un’installazione corale composta da diversi media: fotografie, sculture e interventi pittorici. L’indagine dell’artista aveva avuto origine, in quel caso, dall’osservazione e documentazione del paesaggio del Sud Italia, e presentava un riferimento esplicito all’edificio incompleto che avrebbe dovuto ricevere in eredità dalla sua famiglia. L’opera crea occasioni di riflessione sull’architettura dei rapporti, sul non finito e, più in generale, sull’abitare. Dal 2020 emerge in Ricciardo un interesse maggiore verso il tema del corpo, anche con rimandi a grandi artisti del passato; ciò è avvenuto in parallelo a un ritorno preponderante della pittura, che l’artista ha sempre coltivato in contemporanea e intimamente. In questo periodo prende vita la serie Object After Sex, in riferimento alla relazione intima che può innescarsi tra persone e oggetti, in cui ritroviamo la stessa fascinazione per il non finito, per l’effimero e per il continuo mutamento, come indica la scelta della tecnica: non potendo essere fissati, i pastelli rendono instabile l’immagine se la tela viene manipolata. Da notare inoltre come l’artista si discosti dall’accademismo iniziale, in cui il disegno è fondamentale, per fare emergere i corpi dal colore stesso.

L’artista affronta temi urgenti come la questione di genere, l’immigrazione e la perdita delle proprie radici, spesso tramite la pratica della condivisione; le rispettive iconografie vengono indagate attraverso una sensibilità post-coloniale, legata alle sue relazioni e alla sua biografia. Questa modalità di approccio è ben visibile in lavori più complessi, come Object of migration, realizzato a partire dal 2017, con cui l’artista ha vinto l’Italian Council.

Nell’ultimo periodo, Ricciardo ha ripreso in mano un altro tema che caratterizza la sua ricerca, ossia quello della collettività, centrale soprattutto in progetti partecipativi come quello da poco concluso a Prato, nel Macrolotto Zero, per la rassegna Arte contemporanea e città fragili, in collaborazione con Dryphoto. Qui l’artista ha presentato il lavoro Ambo, invitando la comunità locale a giocare a una rivisitazione della tombola, molto praticata al Circolo ARCI Curiel, attraverso i simboli identitari della città.

Classificare il lavoro di Ricciardo potrebbe risultare complicato per la molteplicità dei linguaggi impiegati. Il rischio potrebbe essere quello di ottenere una definizione troppo dispersiva o non sempre riconoscibile, soprattutto perché il suo lavoro esula da una certa nomenclatura classica.

Per l’artista è infatti necessario scegliere di volta in volta il linguaggio adatto rispetto al lavoro, nonostante sia sempre riscontrabile in lui un certo approccio pittorico. Ricciardo non segue delle tematiche, ma tutto è filtrato dal proprio vissuto e dai propri studi; ciò sottende uno spirito e una curiosità che prescinde dall’estetica, in un lavoro che verte sull’inclusività, sulla partecipazione e sul sentirsi rappresentati e riconosciuti.

 

Foto di Davide D’Ambra
Foto di Davide D’Ambra