Verdiana Bove

Roma 1996
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi e Federico Palumbo)
11 gennaio 2024

«[…] la pittura è intesa come linguaggio intimista, volto a raccontare poeticamente un proprio mondo privato, fatto di quotidianità e piccole cose, domestico e familiare, autobiografico e affettivo. Ecco allora che in tele di grandi dimensioni, o più contenute, realizzate attraverso una stratificazione successiva di colori, compaiono figure quasi fantasmatiche legate al vissuto dell’artista […]». Così Nicolas Martino descrive, nel suo studio visit, la pittura di Verdiana Bove e noi ripartiamo da qui. L’artista ricerca, infatti, tramite la pittura a olio, un’empatia con le immagini che seleziona dal suo archivio personale, assecondando l’esigenza espressiva di un preciso istante. I soggetti delle opere sono solitamente persone con cui l’artista ha avuto o intrattiene un rapporto, che vengono descritte nella loro essenza in contesti immaginifici; ciò avviene tecnicamente grazie all’impiego di alcune stratificazioni pittoriche e all’uso di una luce molto forte che abbraccia l’immagine. Attraverso l’atmosfera che le opere di Bove evocano, le figure trasmutano in archetipi universali, come ad esempio quello del puer aeternus o dellagrande madre. Del resto, la luce stessa è un archetipo che porta con sé una lunga tradizione e viene interpretata e utilizzata dall’artista come soglia e incontro tra divino e terreno. Nelle opere di Bove il rapporto con la memoria ─ che non è mai malinconico ma, piuttosto, dolce ed evanescente ─ si accompagna a una dimensione di temporalità molto forte, acuita dalla sovrapposizione di strati pittorici, che necessita un tempo di sedimentazione molto lungo. Il risultato è una figurazione che scivola verso l’astrazione, innescando un gioco di ambiguità rispetto a queste due polarità.

Nelle opere di Bove è riscontrabile il gusto della seconda scuola romana, in modo particolare di Vasco Bendini, sebbene non vi sia mai un riferimento diretto. L’artista guarda inoltre a maestri del Novecento come Morandi, Rothko, Chagall e Richter, attingendo da loro il colore più che aspetti formali. L’artista è poi legata ai giovani artisti contemporanei da un approccio propositivo di dibattito e scambio a cui Martino, nel primo studio visit, dà giustamente una particolare rilevanza. Inoltre, è palpabile l’influenza di autori letterari come Jung e Hillman e più in generale di quella tradizione poetica intrisa di una certa nostalgia.

La riflessione dell’artista è rivolta verso l’interno, piuttosto che verso l’esterno, diventando una presa di posizione rispetto a una realtà complessa e immateriale. In questo scenario, la pittura mantiene per Bove un collegamento con la realtà e diviene mezzo per poter vivere il presente appieno ed entrare in contatto con il mondo, nonostante ciò possa sembrare paradossale. Per tale motivo, la ricerca dell’artista porta una riflessione profonda e un contributo significativo alle sperimentazioni pittoriche attuali.

Nell’ultima fase di produzione, Bove ricerca una dimensione austera, mettendo da parte un colorismo esasperato per giungere all’impiego di un’unica tinta. Le opere che ne derivano sono interventi in bianco su tele di lino grezzo, che ben sintetizzano la luce viva delle opere precedenti. L’idea dell’artista è di usare pochi elementi per andare dritta al punto, senza nascondersi dietro l’artificio della pittura e la sua mondanità. In questo processo di sintesi, tuttavia, i riferimenti alla figurazione non si perdono, anzi risultano più palesi; ciò è particolarmente evidente nelle opere esposte nella mostra La luce abbraccia tutto, citazione ripresa da Luigi Ghirri, con cui la pittrice è in dialogo.

In generale nella pratica di Bove vi è il rischio di cadere in un forte personalismo tematico, con il pericolo che le figure perdano il loro senso universale. A volte l’artista attraversa fasi in cui guarda molte immagini, con il rischio che i riferimenti cui attinge diventino troppo palesi e dunque venga meno l’empatia da parte del pubblico.

D’altra parte, Bove ha una grande consapevolezza tecnica ed è in grado di padroneggiare la luce, impalpabile e difficile da cogliere e rappresentare e che utilizza come elemento primario per portare nuova vitalità al materiale d’archivio da lei utilizzato.

Foto di Francesca Pascarelli
Foto di Francesca Pascarelli