Valentina Furian

Italia 1989
Vive e lavora a Milano e a Bologna
Studio visit di Marco Scotti

Valentina Furian in questi mesi è ospite a San Lazzaro di Savena, vicino a Bologna, per la seconda edizione – outdoor appunto – di Nuovo Forno del Pane, centro di produzione interdisciplinare promosso dal MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. La incontriamo nello studio condiviso con Alessandro Brighetti e Paolo Bufalini, mentre è immersa in un progetto su questo distretto. «Lavoro soprattutto con l’immagine in movimento. Il lavoro con il film digitale ha a che fare con l’immaterialità, è qualcosa che a un certo punto non occupa spazio ma mi richiede di ricreare un set altrove, di spostarmi fuori dallo studio, luogo invece che rimane spazio di ricerca prima e di postproduzione dopo». Questa struttura è alla base del modo di operare di Valentina Furian, ed entrare nelle dinamiche progettuali e produttive è fondamentale per capire la sua poetica. Dinamiche che condividono un momento iniziale di uscita dallo studio, insieme a un gruppo di tecnici dedicato alla cattura di immagini e suoni e alla costruzione di set e strumentazioni funzionali alle riprese. L’attività si sposta in un luogo specifico, dove lo spazio è organizzato attraverso una serie di confini fissati dall’artista, ma in cui è presente un’attività non controllata e non controllabile. Senza uno storyboard, ma con un set di regole per un momento unico e irripetibile, prima del ritorno all’ordine, all’interno dello studio. L’esito sono sempre lavori che hanno una dimensione installativa, che si relazionano con lo spazio attraverso schermi che rompono sempre con l’architettura, e con una componente sonora fondamentale. La presenza non umana è un tema ricorrente: «Mi aspetto che sui set ci sia qualcosa di inaspettato. È il motivo per cui faccio questo lavoro, è quello che ricerco». Per Presente (2018), ad esempio, un’asina bianca era stata filmata nel cantiere degli spazi del MAMbo, in un momento sospeso tra il disallestimento della mostra precedente e l’allestimento di That’s IT!, esposizione che avrebbe visto presentato il video. In 55 (2019), un cane è ripreso mentre guarda da lontano una casa bruciare. Questo scenario fantastico, notturno, è stato allestito e filmato in una sola take, un’ora di incendio che sullo schermo diventa pochi minuti intensi, carichi di inquietudine e – tema ricorrente – di una luminosità bassa, vicina al buio, «durante le riprese mi interessa fondamentalmente non essere in una comfort zone». L’ultimo suo lavoro è Ciacco (2021). Ispirato alla figura dantesca, è un film che gioca sui rimandi per mettere in scena cani di diverse razze, alani e rhodesian ridgeback – allevati originariamente per la caccia al leone – ripresi nella piscina riscaldata che la loro allevatrice utilizza quotidianamente per addestrarli e allenarli, oppure una pioggia incessante ricreata con il sistema di irrigazione artificiale nella foresta della Tanzania, fatta crescere all’interno della serra del MUSE – Museo delle Scienze di Trento. In generale, una sequenza di immagini piene di illuminazioni e presenze inquietanti. Realtà e finzione, in questo rapporto, sono i fondamenti della sua ricerca. È particolarmente significativo che su ogni set, oltre alle riprese, siano sempre scattate – da una fotografa – foto di documentazione, che servono prima di tutto all’artista per ricordarsi di cosa è successo, per tenere uniti i momenti delle riprese con le immagini in movimento che andranno a scorrere sullo schermo: «La fase del set diventa una sorta di performance celata, per pochi spettatori, un momento prezioso». Tempi lunghi tradotti nella fase di montaggio in sequenze relativamente brevi, per passare da una fase fondamentale – quella delle riprese, in cui l’artista si relaziona direttamente con la scala e la dimensione umana del progetto – al lavoro in studio, al montaggio visivo e sonoro, «tutto diventa bidimensionale, e alla fine, dopo ore di montaggio, decido la sua forma definitiva. Lavorare con il video per me significa anche scegliere di occupare uno spazio chiaro e definito».

foto Zoe Paterniani
foto Violette Maillard