Stefania Migliorati

Bergamo 1977
Vive e lavora a Berlino
Studio visit di Francesco Lucifora
28 luglio 2024

Tracce cadenzate segnano un percorso che, dagli studi di Lingue e Letterature straniere a Bergamo, portano Stefania Migliorati all’Accademia di Brera, dove l’incontro con Alberto Garutti segna un punto di rilievo critico e metodologico. La collaborazione, durante i corsi accademici, con la Tomaso Renoldi Bracco Gallery per la progettazione delle mostre di Andres Serrano, Orlan e Erwin Olaf e i dialoghi con Francesca Alfano Miglietti e Luca Beatrice rappresentano una conoscenza del mondo dell’arte e delle sue pratiche curatoriali e progettuali. Del 2009 è il trasferimento a Berlino, inizialmente temporaneo, che si sostanzia di relazioni di reciproco confronto e supporto, con Silvia Giambrone, Elena Bellantoni e il suo spazio 91mq, Rebecca Agnes, Ivana Spinelli, Antonio Catelani e Eleonora Farina. Ritrovo l’artista dentro il comitato costituente di Peninsula, piattaforma interdisciplinare fondata nel 2014 in una Berlino ancora in fermento. Il territorio che Stefania Migliorati mi svela ha un’impronta relazionale e di scambio con la comunità, che oggi è un atteggiamento raro; si tratta dell’operatività e condivisione che molti artisti e curatori sceglievano di mettere in campo nel primo decennio degli anni duemila, una benefica lontananza dall’autoreferenziale e dal mercato stretto.

Il lavoro è rigoroso, denso di una non comune capacità di visione e astrazione che disegno, stratificazione di tecniche e scultura mixed media riversano in un cosmo percorribile e aperto a un pubblico vasto ed eterogeneo, che viene incuriosito e spinto alla riflessione etica ed estetica. Accade, per fortuna, che un tema di ampie dimensioni possa essere espresso senza ridurlo a una militanza politica che rimanga mera categoria. Stefania Migliorati si dedica alla sparizione e alla riapparizione di specie animali che hanno avuto e avranno una relazione complessa con gli esseri umani. Nella serie Il giardino degli animali de-estinti, 2020-21, due grandi atlanti, acquerelli e due dittici portano l’attenzione sulla de-estinzione, nota anche come risurrezione biologica, che consiste nel processo che riporta in vita in modo artificiale un organismo di una specie estinta, una sorta di ricostruzione del paradiso perduto. Qui Migliorati pone domande anziché fornire soluzioni. L’atto di “creare risurrezione” da chi è governato e soprattutto chi sceglie chi deve riavere vita e chi no? Questo impegno per ridisegnare il mondo, di quali parametri tiene conto? Le opere indicano un paradosso che è realtà; estinzione e de-estinzione sono entrambe volontà umane che perpetuano un mondo al quale sono state imposte regole e limiti.

L’opera Flamingo Block #1(2022) è una sintesi potente di alcune questioni care all’artista; la concomitanza di definito e indefinito, corpo morbido e testa formalmente riconoscibile creano con il blocco di cemento un grado di spaesamento ricondotto a ragionamento e opera d’arte. I lavori di Stefania Migliorati sono frame di un processo di impoverimento; in ecologia si parla di “basic line syndrome” per cui le generazioni che si susseguono perdono progressivamente diversità biologiche, e senza la percezione della ricchezza del passato non c’è coscienza della perdita.

In una delle pareti dello studio osservo alcuni lavori della serie I bionici e apprendo che Stefania Migliorati sta approfondendo queste steppe popolate di animali i cui corpi sono per metà organici e per metà artificiali per mezzo di protesi e innesti. Nell’evoluzione di queste opere è sempre latente l’interesse dell’artista nei confronti dell’identità di questi corpi, che nonostante le parti meccaniche vengono comunque identificati come tali in quanto la maggior parte dell’esistenza sta sul crinale di identità/diversità.

Una produzione artistica che esprime una tangibile carica politica potrebbe far pensare alla dilagante e spesso ridondante arte politica, quando invece il suo è un lavoro che non giudica e non illude con alternative possibili, ma si ‘limita’ a immaginare la mappa imminente del creato con un mirabile sguardo al futuro.