Ryts Monet

Bari 1982
Vive e lavora a Vienna
Studio visit di Elena Forin
25 ottobre 2023

Ryts Monet si è laureato in Arti visive nel 2007 e, nel 2011, in Comunicazioni visive e multimediali allo IUAV di Venezia. Il suo lavoro si origina da esperienze di connessione con i luoghi e le loro culture e con aspetti radicati nella storia delle comunità ma destinati a un inevitabile oblio. Le ragioni di questi processi sono economiche, geopolitiche e storiche, e dalle frizioni tra i loro diversi pesi derivano fenomeni di erosione della memoria di cui raramente la collettività ha consapevolezza. Sono proprio questi fenomeni ad essere al centro dei suoi interessi.

Spesso il suo lavoro viene definito politico, ma lui non è pienamente a proprio agio con questa definizione. Attraverso oggetti evocativi (monete, francobolli, cartoline) la sua ricerca riflette sui concetti di identità e di marginalità, su storie che si sono perse e su scelte istituzionali spesso non condivise ─ e questo certamente connota in senso politico la sua pratica. Va detto però che non sono i fatti della politica a essere il soggetto delle sue opere: la politica in Ryts Monet è data dall’analisi del meccanismo della scelta. Le sue opere raccontano questi cortocircuiti e le loro conseguenze nella vita pubblica e nell’immaginario collettivo. In altre parole, la sua indagine ha a che fare con la messa in evidenza della non neutralità delle immagini e degli oggetti, di ciò che nascondono, e del loro potere di rappresentazione.

Di recente si è dedicato alle motivazioni che portano i tagli delle banconote a divenire fuori corso, che possono dipendere dalle strategie di uno Stato contro le irregolarità fiscali (i 500 euro in Italia) o dal declino di un sistema politico, come nel caso dei pesos cubani. Questo secondo fenomeno è raccontato in Buscando al Comandante (2022), composto da un video realizzato a Cuba e da un ciclo di serigrafie. Nel video Ryts Monet diventa protagonista di un’attività di cambio in strada: il suo obiettivo è recuperare cinquanta banconote da 3 pesos in cambio di 10 euro. Un’operazione questa, monetaria e culturale in senso ampio: tutte le banconote cubane celebrano un diverso padre fondatore della patria e quel taglio sempre più raro riporta l’effige del Che. Con questa richiesta quindi, l’artista rimette nelle mani della persona che accetta la sua sfida, un simbolo culturale che sta scomparendo a causa dell’inflazione generata dal Covid e dall’inasprimento dell’embargo. Insieme alla documentazione di questa azione, l’opera presenta cinquanta serigrafie con il ritratto del Che, le banconote cubane da 3 pesos recuperate durante l’intervento in strada, e il relativo numero di serie.

Se con Buscando al Comandante l’artista mette in circolazione una banconota ormai obsoleta come il sistema economico che l’ha generata, in altri lavori il denaro è analizzato dal punto di vista del suo valore. Partendo dal presupposto che uno Stato comunica sé stesso attraverso le immagini che imprime sulle monete, è interessante l’analisi compiuta sull’euro, il cui compito è stato (anche) quello di costruire una identità visiva sulla base di un’unità inesistente. Non potendo favorire una cultura piuttosto che un’altra, sull’euro sono ritratte architetture nate dalla sintesi di modelli esistenti, ma non riconducibili a luoghi specifici. Nella videoinstallazione Der Euro des Kaukasus (2019) l’artista intervista Robert Kalina, il disegnatore dell’euro e del manat (valuta ufficiale dell’Azerbaigian volutamente somigliante all’euro) e, contemporaneamente, mostra monumenti abbandonati dell’ex blocco sovietico. Nell’affiancare la creazione di nuovi valori al decadimento del passato, l’artista avvia quindi una riflessione sulle forme di rappresentazione del potere e sul valore del tempo: guardando questa installazione è inevitabile chiedersi quale durata abbia l’efficacia di un messaggio e quale ruolo giochi la mediazione tra stato e comunità nella sua persistenza.

Non sempre è facile rintracciare tutti i livelli racchiusi nelle sue opere, anche se va detto che l’aspetto concettuale non fagocita mai l’opera rendendo percorribili, per chi ha l’indole del viaggiatore, i percorsi che si aprono nei suoi lavori. La forza di questa ricerca consiste quindi non solo nell’interesse delle tematiche che sviluppa e nelle modalità progettuale con cui le indaga, ma anche nel saper coniugare aspetti concettuali e visivi in un linguaggio coerente: alla base di questa efficacia c’è la capacità di Ryts Monet di mantenere, all’interno di una forte complessità, un piano visivo tanto semplice quanto potente.