Palermo 1996
Vive e lavora a Palermo
Studio visit di Francesco Lucifora
17 luglio 2024

Dello studio visit condotto da Daniela Bigi sul lavoro di Roberto Orlando trovo interessanti questi binomi tematici: paesaggio/dimora, individuo/collettivo e funzione del progetto/presenza della decorazione. A questi rapporti concettuali fanno da specchio rivelatore sia l’atteggiamento dall’artista in direzione del sostegno ad altri artisti che l’essere co-fondatore dello spazio indipendente Parentesi Tonde, ai quali si aggiungono anche l’impegno per Galleria Don Nino Mind Food e la pratica di cultore della materia del prof. Fulvio Di Piazza all’Accademia di Palermo. Avendo conversato con lui in diverse situazioni, penso che l’osservazione del comportamento vegetale e le conseguenti analogie con l’umano abbiano creato nella sua pratica una modalità di imitazione delle piante e un’ibridazione con gli atteggiamenti umani meno regolamentati. In fondo, Roberto Orlando dipinge, segna e plasma con l’ostinazione del cercatore di condivisioni che innescano confronto e collaborazione, tutte qualità che appartengono all’universo verde e che compaiono puntualmente nei suoi lavori.

La modalità con cui oggetti ed elementi sono disposti e pronti a entrare dentro un flusso produttivo mi riporta ad alcuni processi creativi di Bruno Munari e agli ibridi ironici di Pino Pascali. Uno sguardo più approfondito, ad esempio sul progetto Come ofris del 2022, riporta ad alcuni lavori installativi di Piero Gilardi, in quanto l’artista mette insieme molteplici pratiche, discipline ed elementi per configurare e ribaltare le abitudini, in questo caso, legate alla lettura del libro.

Ritengo che il valore artistico del linguaggio risieda nell’origine e nell’ispirazione dell’opera, che inizialmente erano guidate da una personale memoria di segni grafici, mobili, giardini e superfici in qualche modo tipici di un sud del mondo, e che in seconda battuta passano attraverso l’urgenza di avere risposte sulla natura delle cose, che esse appartengano all’individuo e alla comunità quanto a un terreno pieno di erbe spontanee o a una duna di sabbia arida e capace di dare vita. La vera scoperta, nei lavori di Orlando, è che dall’impollinazione aerea, dalla germinazione e dal concetto di coesistenza si possono trarre illuminanti deduzioni su alcuni macro-errori compiuti nella convivenza tra umani, quando comodamente furono stabilite cose sugli altri organismi viventi usando solo ed esclusivamente i parametri umani.

Nell’ultimo periodo Orlando sta muovendo il suo interesse verso l’azione inconscia del polline e lavora intorno al rafforzamento della vita tramite l’unione delle diversità, non solo biologiche. I lavori futuri seguono dunque l’oscillazione tra pittura, metodo scientifico e costruzione immaginifica di architetture, come esperimenti empirici per la rivelazione dell’invisibilità aerea ed eterea dei semi che aleggiano nell’aria.

Un nodo problematico, riconosciuto dall’artista, è la presenza di differenti livelli di lettura che uniscono rigore e spontaneità, segno pittorico chiuso e rimandi analitici. Di certo persiste un’eterogeneità di strumenti, di approcci e di forme che nonostante denoti poliedricità potrebbe anche arrivare sotto forma di caos non sempre leggibile.

Il bilanciamento per questo eventuale scompenso viene dal netto valore dell’interdisciplinarietà che in Orlando non è solo metodo, ma anche stile di vita.