Napoli 1986
Vive e lavora a Napoli e a Portico di Caserta
Studio visit di Alessandra Troncone
16 gennaio 2024

Il lavoro di Paolo Puddu si caratterizza per un’attenzione costante alle sollecitazioni provenienti dal mondo esterno, trasfigurate in oggetti scultorei e installazioni che, pur nella resa minimalista, conservano un affascinante grado di ambiguità. Lo studio visit precedente metteva in luce un lavoro che si configura per ‘tracce’ con un’attenzione anche alle dinamiche relazionali; assunto che buona parte della sua produzione vive lunghe fasi di gestazione, il ritorno nel suo studio, nel piccolo centro di Portico di Caserta, è funzionale a cogliere gli sviluppi dei processi ancora in corso e di quelli che invece hanno trovato una risoluzione formale, seppur non ancora un’occasione espositiva. In tempi recenti Puddu è stato invitato con Ninì Sgambati per il progetto Materia di Studios al Museo Madre, curato da LET – Laboratorio di Esplorazioni Transdisciplinari, che intende riflettere sull’archivio avvalendosi della prospettiva di due artisti di diverse generazioni. Il risultato, in questo caso, è stata una nuova produzione a quattro mani che reinterpreta gli spazi del museo rendendo visibili le tensioni che lo attraversano e che hanno caratterizzato anche l’incontro-scontro tra i due protagonisti.

La pratica di Puddu è difficilmente contestualizzabile in uno specifico filone di ricerca, pertanto il confronto con altri artisti della sua generazione non risulta immediato. Infatti, molti dei suoi lavori nascono da incontri e suggestioni personali, che subiscono tuttavia un processo di rimodulazione utile a raccontare in senso più ampio la relazione tra l’essere umano, il suo ambiente domestico e lo spazio pubblico. In tale contesto, l’artista rivela un interesse per i linguaggi del design e dell’architettura, le cui strutture di partenza sono però private della originaria funzione d’uso. I suoi oggetti sfuggono a una definizione precisa: ibridi mutevoli, sono attraversati da una sfumatura di ironia che in taluni casi vira verso atmosfere più inquietanti. Succede nell’ultimo ciclo di lavori, Sognare a occhi aperti o chiuderli contro vento, manubri di bicicletta alle cui estremità sono inseriti occhi di bambole che ‘spiano’ lo spazio circostante come presenze intrusive.

Tra gli aspetti più significativi della sua ricerca vi è la volontà di attribuire un nuovo valore ai luoghi nei quali l’artista sceglie di operare. L’osservazione di ciò che abitualmente tende a passare inosservato si inserisce in un discorso sul concetto di marginalità e si sposa con la costruzione di paesaggi ‘alternativi’: non a caso, uno dei testi di riferimento citati da Puddu è Manifesto del terzo paesaggio di Gilles Clément, che insiste sui luoghi abbandonati dall’essere umano quali ecosistemi nei quali osservare diversità biologica e forme altre di connessione.

Oltre al progetto al museo Madre citato, Puddu ha di recente chiuso alcuni lavori tra cui Self by Self, un ciclo di ventiquattro disegni iniziato durante l’emergenza pandemica nei quali ha ricopiato con precisione meticolosa i suoi disegni di bambino, lavorando così sulla tensione tra spontaneità e tecnicismo, e le sculture già menzionate dal titolo Sognare a occhi aperti o chiuderli controvento. Alcuni progetti in corso nello studio tornano sulle possibilità dell’innesto tra materiali utilizzati nell’edilizia ed elementi naturali, o guardano al territorio sardo anche in omaggio alle origini della sua famiglia.

Rispetto ad alcune idee ancora in fieri e discusse nel corso dello studio visit, la riflessione dell’artista sembrerebbe spostarsi, in questa fase, verso una dimensione più esplicitamente politico-sociale, coinvolgendo elementi già riconoscibili e dall’immediato valore simbolico. Tale direzione, seppur solo accennata al momento, sembra comportare lo spostamento dalla forma al processo in modalità che tuttavia appaiono ancora non precisamente risolte.

Restano efficaci le opere nelle quali i presupposti di partenza, anche quando attinenti a una riflessione socio-politica, vengono incorporati e in parte sublimati nelle soluzioni estetico-formali. In particolare, è interessante l’approccio divertito e pungente, da bricoleur che attraversa lo spazio intimo e urbano alla ricerca di inaspettati corto-circuiti capaci di generare nuovi immaginari.

Ninì Sgambati e Paolo Puddu, Detto tra le righe, installazione site specific presso Museo Madre, Napoli. Courtesygli artisti e Fondazione Donnaregina per le Arti contemporanee / Museo Madre, Napoli, fotoAmedeo Benestante