Mattia Cleri Polidori

Roma 1987
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Davide Lunerti
18 luglio 2024

Mattia Cleri Polidori ha studiato Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove ha lavorato come tecnico di laboratorio e assistente alla didattica, e al Wimbledon College of Arts a Londra (Master in Painting), ma fin da subito si avvicina anche alla pratica scultorea, specialmente con l’utilizzo di calchi, che talvolta integra alla tecnica pittorica. Lo studio di Cleri Polidori fa parte di Rione Placido, artist-run-space fondato a Roma nel gennaio 2023 da Eleonora Bona, Tiziano Conte, Denise Montresor, Alice Colacione e Paolo Vitale, che condividono con lui lo spazio.

I primi lavori dell’artista rappresentavano prettamente forme anatomiche ibride, umane e non, che potessero corrispondere a conformazioni riconoscibili ma allo stesso tempo aliene; questo un aspetto che si ripete tutt’ora nella sua produzione, in cui il perturbante si manifesta nell’utilizzo di pigmenti acidi apparentemente innaturali, come quelli dei colori dei licheni, e in particolar modo nell’incongruenza tra identità dell’oggetto rappresentato e consistenza tattile del materiale, come una serie di funghi in cemento e tronchi d’albero in gomma. Questo avviene perché l’interesse centrale dell’artista verte sulle forme estetiche in comune a tutte le specie, indipendentemente dal materiale di cui sono composte: gli stessi pattern strutturali, le cui formule possono individuarsi nei parametri della sezione aurea, che si ripetono a livello macro e microscopico nella materia organica – funghi, piante, batteri, reti neuronali, tessuti – così come in quella inorganica – in rocce, sabbia, cemento –  semplicemente per derivazione di azioni meccaniche.

La ricerca di Cleri Polidori si basa quindi sullo studio di queste forme frattali, ramificazioni e arborizzazioni attraverso le quali la materia si protende e si distribuisce nello spazio. Attraverso l’analisi di centinaia e migliaia di esemplari di protozoi, licheni, funghi, spugne, piante – di cui conserva alcuni esemplari in studio –  e l’esercizio continuo della riproduzione della loro immagine, l’artista riesce a “mettere in sangue” i pattern che si ripetono nella materia, per arrivare a trasmetterli sul lavoro: Le città invisibili (2021 – in corso) sono una serie di pitture su tela e installazioni in silicone pigmentato che registrano proprio questi elementi strutturali ripresi da funghi e protozoi; allo scopo di ridurre al minimo l’impatto della gestualità dell’artista sull’opera, le tele vengono preparate con una gamma variabile di materiali appositi (gesso; acrilici, stucchi, primer, frammento d’osso, gesso acrilico trasparente o carta giapponese) e il colore ad olio viene distribuito con una resa il più possibile sottile e uniforme, affinché lo stile autoriale non interferisca con le forme originali del pattern frattale. Dopo i primi anni di produzione, infatti, Cleri Polidori ha progressivamente sottratto l’elemento umano dai suoi lavori, sia in quanto soggetto, sia estromettendo quanto più possibile la propria presenza, prendendo atto della marginalità dell’esistenza umana nella realtà naturale e avvicinandosi così alle teorie harawaiane sull’antropocentrismo. Secondo questa stessa prospettiva ha realizzato la serie Gli elementi del disastro (2020 – in corso), tronchi in silicone prodotti dai calchi di alberi bruciati in un incendio: il disastro, concepito in quanto tale dallo sguardo umano, viene interpretato dall’artista come una semplice fase biologica del sistema naturale, in modo simile a quello con cui Anna L. Tsing, nel suo saggio Il fungo della fine del mondo (2021 – in corso), racconta gli incendi come parte del respiro dell’ecosistema, attraverso il quale alcune specie più accentranti e proliferanti possono lasciare spazio a un habitat ecologico più ampio e diversificato. L’interesse per l’artista è ancora una volta dedicato alle fantasie frattali che percorrono la superficie bruciata di questi alberi distrutti, rivelando come le forme della sezione aurea siano pregnanti di ogni aspetto della realtà indipendentemente dai concetti umani di vita, morte e distruzione.

Uno dei lavori di questa serie ha fatto parte nel 2021 di uno spettacolo teatrale della compagnia DOM, dal titolo CAMPFIRE – dove comincia l’incendio; insieme alla stessa compagnia ha più recentemente collaborato con dei nuovi lavori, delle installazioni di funghi in silicone con pigmenti fosforescenti, ispirate al fenomeno della bioluminescenza, che illuminavano gli alberi di un picnic notturno al quale il pubblico era invitato al termine dello spettacolo (intitolato appunto Darkness picnic). Le affiliazioni con la dimensione teatrale rivelano in Cleri Polidori una propensione alla pratica collaborativa e alla dimensione di scambio sociale, di cui è indice anche il suo contesto lavorativo. A Rione Placido, infatti, gli artisti membri sperimentano lo sviluppo di una pratica che proceda in comunicazione con le altre, anche con alcuni progetti dedicati, come per la mostra Affinità Elettive, per la quale ognuno ha integrato in una sua opera elementi estetici propri degli altri artisti del gruppo, il che fa pensare ancora una volta alle forme di scambio e collaborazione simpoietica raccontate nello Chthulucene di Donna Haraway. Questo stesso aspetto di contaminazione sociale emerge dal contesto pubblico della sua prossima produzione, un’opera urbana permanente in dialogo con il territorio della Lunigiana, realizzata per il festival di Tassonart e a cura di Mattia Leporier, che prevede la disseminazione di una colonia di funghi in cemento all’interno del borgo di Tassonarla.

La fase di produzione più recente di Cleri Polidori (dal 2021 ad oggi) potrebbe beneficiare di più occasioni espositive, sia personali che collettive, che possano permettergli di confrontarsi ulteriormente con lo spazio, con il pubblico e con altri artisti.

Il maggiore punto di forza dell’artista consiste invece nell’originalità e autenticità con cui riesce a sviluppare il suo lavoro, nonostante attraversi tematiche piuttosto diffuse, quasi ‘inflazionate’ nella produzione artistica contemporanea, ovvero quelle pertinenti al rapporto ecologico e al postumano. Una ricerca formale così spiccatamente attenta, costante e dall’impostazione quasi scientifica, non può che portare in questo campo ad esiti genuini e interessanti.

Foto di Luigi Ieluzzo
Foto di Luigi Ieluzzo