Lucia Cantò

Pescara 1995
Vive e lavora a Pescara
Studio visit di Marco Bassan
12 novembre 2023

Lo studio visit di Marco Trulli, che si è svolto ad aprile del 2022, ha mostrato un’interessante prospettiva di sviluppo all’interno del lavoro di Lucia Cantò, che vede contrapporsi a un lento processo di ricerca analitica, testuale e poetica una forte immediatezza e potenza visiva della forma scultorea. Un processo dialettico di forze contrapposte che è il punto di partenza per il secondo studio visit con l’artista.

Questa stessa tensione si evince in una frase misteriosa di Clarice Lispector che ispira la pratica di Cantò: «Un mondo interamente vivo è forte come l’inferno» e la spinge a indagare il sottile confine tra ciò che consideriamo come vivo e invece è illusorio e ciò che è invisibile ma invece vive e comanda con prepotenza le nostre vite.

Dai 19 ai 23 anni a Venezia si è nutrita di scultura nelle grandi collezioni come la Peggy Guggenheim Collection, la collezione delle Gallerie dell’Accademia e la collezione di Cà Pesaro.

Il suo lavoro intreccia alcuni dei grandi nomi della scultura dal Novecento, iniziando a leggere la spazialità e i processi energetici legati all’uso dei materiali in artisti come Richard Serra, Joseph Beuys, fino all’approfondimento attraverso la fruizione di grandi mostre e la raccolta di scritte e interviste (Distruzione del padre \ Ricostruzione del padre) del lavoro di Louise Bourgeois in cui identifica un’energia con cui alimenta il proprio processo creativo. Un processo che nasce da una fase di disgregazione caotica e si sviluppa attraverso un certo rigore rielaborativo ed analitico profondamente libero. Louise Bourgeois apre una porta che le permette di leggere le ricerche di voci femminili nelle storie dell’arte, voci di artiste che operano attraverso grandi installazioni spaziali come Jenny Holzer, Mona Hatoum e Doris Salcedo fino a lavori di profonda rielaborazione dell’intangibile come nel caso di Sophie Calle. Nei lunghi periodi passati a Pescara, sua città natale, ha fatto propria inconsciamente la visione lirica di Spalletti per il paesaggio e, successivamente, gli incontri con le opere di Christo e Anne Imhof sono stati funzionali per comprendere la rottura del reale che può nascere dal gesto artistico.

Cantò ha la rara capacità di dialogare contemporaneamente con la storia della scultura e con il pubblico, prendendo le mosse dalla grande tradizione scultorea monumentale italiana (quella che lei definisce delle tre ‘M’, Manzù, Marini, Martini) e trovando un punto di incontro e di dialogo con il pubblico attraverso forme e immagini che parlano della sua intimità. La poesia, costante fonte di ispirazione, è un sottofondo costante della sua produzione, in grado di essere percepito nell’incontro con l’altro in modo sintetico e solo apparentemente impenetrabile: Alda Merini, Anne Sexton, i lunghi flussi di coscienza di Clarice Lispector e Edith Stein, Antonia Pozzi, Mario Luzi, Cesare Pavese. Un lavoro che si ispira alla vita e che sfida alcune delle più importanti contraddizioni della contemporaneità, con i suoi ritmi disfasici, tra la ‘moviola’ della provincia e delle piccole cose e la dinamicità e ipervelocità della vita altrove.

Il 5 ottobre Cantò ha inaugurato la mostra Stelle che sorreggono altre stelle, curata da Giovanni Paolin e Sara Maggioni presso la Fondazione Elpis di Milano: un processo ancora aperto visto che ci sarà un secondo opening il 30 novembre 2023, in cui saranno restituiti i risultati del workshop attualmente in corso, ispirati agli esercizi corporali del teatro degli oppressi di Augusto Boal. La mostra indaga la ciclicità delle forme e la trasformazione della materia organica e interiore, grazie al coinvolgimento di undici persone dai 14 ai 65 anni che entrano nel processo produttivo della mostra. L’artista ha inoltre da poco partecipato a una residenza artistica all’università dei muratori di Gubbio, in occasione della Biennale di Gubbio, dove ha avuto l’opportunità di sperimentare nuove tecniche e materiali.

Sebbene la sua pratica scultorea sia estremamente generosa dal punto di vista plastico e visivo, il suo è un lavoro concettuale sulla scultura che nasce da intuizioni ed emozioni ma che passa attraverso processi mentali e analitici di filtraggio e codifica per poi esprimersi nuovamente in forme visive che hanno il potere di essere autoesplicative. In questo processo, Cantò deve porre molta attenzione ad equilibrare gli aspetti concettuali, emotivi e intuitivi del suo lavoro. Quando questo equilibrio funziona, le sculture di Cantò risultano poetiche, intime e allo stesso tempo potenti e muscolari, si ispirano alla vita trascinando fuori dalla quotidianità sentimenti umani, spesso scontati e tuttavia dando a essi fisicità ed esistenza. In un mondo sempre più evanescente e intangibile, Cantò ristruttura e stabilizza pensieri e visioni fragili, portando in superficie e sanando una complessità sentimentale spesso troppo gravosa.

Foto di Camilla Glorioso
Foto di Pierluigi Fabrizio