Giuseppe Di Liberto

Palermo 1996
Vive e lavora a Venezia
Studio visit di Elisa Carollo
17 ottobre 2023

Giuseppe Di Liberto è uno dei pochi artisti che affronta uno dei più grandi tabù del nostro tempo: la morte, l’assenza e il lutto. Molte delle sue opere fanno spesso per questo riferimento ai rituali funebri delle tradizioni mediterranee e in particolare della Sicilia, sua terra d’origine: alla base la profonda ricerca di un paradigma comune in tutte le forme di commemorazione del defunto, come risposta a una necessità ancestrale e universale di esorcizzare il trauma dell’annullamento all’origine della stessa produzione artistica.

Nella sua pratica Di Liberto si confronta infatti anche con il paradosso e il mistero dell’immagine, concepita come simulacro e palliativo dell’assenza e della morte, e come rimedio all’inevitabile caducità di tutte le cose. Come l’artista spiega, l’effige è sempre più al centro della sua ricerca, intesa come uno studio della permanenza della traccia, della resistenza dell’immagine, all’interno della memoria individuale e collettiva. In questo senso, Di Liberto si pone in linea con le riflessioni di filosofi e studiosi come Hans Belting o Didi Huberman, concependo le proprie opere come studio dell’immagine, come prodotto di un medium, ‘agglomerato’ di elementi esteriori e interiori, che permettono di far rivivere l’esperienza umana, il ricordo, la sensazione di un corpo da cui traggono origine e a cui sono profondamente legate. Anche per questo, la pratica di Di Liberto appare intrinsecamente barocca, nella misura in cui affronta concetti di vita e di morte in modo drammatico e allo stesso tempo sensuale, con l’attivazione sensoriale che caratterizza la resa spesso teatrale delle sue presentazioni. Soprattutto nell’ultimo periodo, Di Liberto si è concentrato sull’aspetto memoriale, come l’assente si può ripresentare alla nostra mente tramite un misterioso innescarsi di associazioni che l’artista cerca di attivare nelle sue installazioni, sempre più messe in scena immersive e plurisensoriali. Questo approccio ‘espanso’ all’opera ha avuto inizio con l’installazione realizzata in occasione della recente mostra Colostro alla Torre Massimiliana nell’isola di Sant’Erasmo a Venezia: qui l’artista ha rievocato la presenza della madre tramite un’orchestrazione di stimoli plurisensoriali che andavano dall’elemento sonoro, con una ninna nanna tradizionale siciliana, a quello visivo di una suggestiva proiezione luminosa in una coltre di nebbia, in cui apparivano vestigia di presenze umane e, per completare il tutto, il sentore di una fragranza che ricordava quella indossata dalla madre.

L’aspetto olfattivo è ancora poco esplorato nell’arte contemporanea, ma è un elemento che Di Liberto ha iniziato a introdurre come potente stimolo attivatore, capace di attraversare rapidamente l’inconscio per far emergere nel presente sensazioni ed esperienze passate. In occasione di una recente mostra a Bruxelles, l’artista ha avuto modo di esplorare ulteriormente la dimensione olfattiva, collaborando con la creatrice di essenze Alessandra Vanzi per creare un profumo che ricordi il cimitero. Nell’affrontare temi delicati, e spesso evitati nell’arte contemporanea, Di Liberto persegue un esistenzialismo estremamente carnale e concreto, che riesce a evitare il mero lirismo di un sentimentalismo personale, estendendo la ricerca a riflessioni universali, tra psicologia, filosofia e semiotica dell’immagine.

La tendenza a espandere la propria opera oltre i confini materiali dell’oggetto per portarla a una dimensione di installazioni immersive pone ora Di Liberto di fronte alla difficoltà di trovare i canali e le piattaforme adatte a dare sostenibilità nel tempo a una ricerca che sembra sempre più orientarsi a un ambito istituzionale, piuttosto che piegarsi alle logiche di prodotto richieste dall’ambito commerciale di gallerie e di più ampio mercato collezionistico.

Al contempo, coerentemente con l’oggetto della propria ricerca, l’artista propone anche una rilevante messa in discussione dell’immutabilità e immortalità dell’opera: configurandosi perlopiù come interventi effimeri dove alcuni elementi tendono a scomparire o esaurirsi nel tempo, i lavori di Di Liberto rivelano così la caducità intrinseca dell’opera d’arte, che la accomuna a tutti gli altri fenomeni materiali, soggetta alla medesima dissoluzione nel tempo.

Foto studio LAMAFARFALLA