Giulio Saverio Rossi

Massa 1988
Vive e lavora a Torino
Studio visit di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi, Federico Palumbo)
8 novembre 2023

Il precedente studio visit a Giulio Saverio Rossi, di Alessandra Franetovich, inizia con la descrizione del suo studio e dei materiali impiegati nella realizzazione delle sue opere: «lo spazio ospita quadri, oggetti (cristalli, strumenti ottici) e pigmenti, alcuni inusuali: sangue di drago, nero fumo, bianco d’osso». Si tratta di elementi che assumono un ruolo centrale in quanto vengono utilizzati per costruire diversi livelli di significato. L’idea di stratificazione può essere qui considerata come una vera e propria costruzione anatomica in cui all’ossatura corrisponde il telaio, la colla di coniglio, usata nella preparazione, al collagene e ai tessuti molli e l’immagine pittorica alla pelle.

Nelle opere dell’artista non c’è nulla che sia un escamotage tecnico fine a sé stesso. Nonostante Rossi utilizzi prevalentemente olio su lino, è la preparazione della tela a cambiare, mutando così la resa visiva. Spesso questa metodologia rende le opere delicatamente cangianti: spostandosi nello spazio si possono cogliere elementi altrimenti nascosti. Ciò è evidente in opere come After Image (2021) o in The Eucalyptus Forest (2022): nella prima, l’artista cerca di rappresentare i fenomeni ottici che si creano all’interno dell’occhio dopo aver guardato la luce e chiuso le palpebre; nella seconda, posa lo sguardo su una foresta di eucalipto buia. In questi due casi specifici, l’uso dell’aloe crea un sottile strato resinoso che, depositandosi direttamente sulla tela, non permette al colore di attecchire in maniera uniforme.

Giulio Saverio Rossi guarda ad artisti che non sono legati a un medium specifico ed è suggestionato da riflessioni che non provengono esclusivamente dall’arte visiva. È comunque riscontrabile una ricerca molto più vicina allo scenario internazionale, rispetto a quello italiano. Troviamo connessioni ─ metodologiche, concettuali, formali ─ con le opere di Luc Tuymans e Simon Starling per il loro approccio tautologico e per l’idea di mostrare e intendere le opere a partire dallo spazio; o, ancora, di Pierre Huyghe e Sigmar Polke.

La rapidità visuale attuale e la sua relativa fruizione e assimilazione si scontrano con i tempi lunghi e contemplativi propri dell’immagine pittorica. L’attenzione di Rossi è perciò posta su ciò che accade dentro l’occhio a livello fisiologico, immaginifico e psicologico. Le sue opere non possono mai essere definite astratte: si parte sempre da un’immagine o da un suo dettaglio, quindi da un’oggettività assoluta.

L’aspetto per noi più interessante di questa metodologia è che il dato scientifico-oggettivo non si accompagna a una freddezza analitica ma, al contrario, a un bilanciamento poetico in grado di aprire diversi livelli di lettura. In una storia evolutiva dell’immagine, nella quale la rappresentazione del reale è stata conquistata dalla tecnologia (pensiamo alla simulazione 3D), la pittura ─ finalmente libera ─ ha la possibilità di essere altro rispetto al dominio visuale digitale; ecco allora un modo di intenderla in una nuova veste, come panacea dell’attuale immaginario visivo.

Attualmente l’artista sta ragionando su come l’immagine scientifica ─ e la relativa oggettività e capacità di generare conoscenza senza la necessità di un supporto testuale ─ si sia evoluta nel corso del tempo. Ciò è evidente nell’opera Scientific Paper (Butterfly Wings) (2023). O, ancora, in Scientific Paper (Mantis Shrimp) (2023) in cui viene rappresentato un ingrandimento dell’occhio della cicala di mare che, nettamente e fisiologicamente superiore a quello dell’uomo, le permette di vedere sfumature e colori a noi inimmaginabili; una considerazione transpecie che mette in crisi il primato dell’uomo e del suo occhio verticale fisso sull’orizzonte.

La silente cripticità di fondo delle fonti e delle opere di Rossi potrebbe rappresentare un punto dolente: una lettura approssimativa e frettolosa potrebbe farci perdere il senso e la complessità del lavoro, riducendolo all’astrazione.

In realtà, l’analisi delle fonti dalle quali l’artista attinge fascinazioni, per riprodurle poi in pittura, sono per noi punti di forza che avvalorano una ricerca solida, variegata e stratificata. Questa armonia, fra freddezza analitico-oggettiva dei temi trattati e un lirismo sapientemente dosato, dona al lavoro una potenza immaginifica affascinante, andando oltre la pittura figurativa più in voga oggi.

Foto di Davide D’Ambra
Foto di Davide D’Ambra