Federico Cantale

Legnano 1996
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Lorenzo Madaro
11 ottobre 2023

Federico Cantale è autore di una scultura che si concentra sulla forma e sulla sua stessa genesi, conformandosi come piano di sviluppo di un discorso sulla realtà che prende il via dalla riproduzione di oggetti e profili appartenenti alla vita di ognuno di noi, al quotidiano. Si è formato all’Accademia di Brera e, giovanissimo, si è messo in discussione con impegno e rigore concependo una propria ricerca, da un lato legata a una progettualità rigorosa, che avviene tramite Autocad e che, dall’altro, vede un suo intervento altrettanto preciso con la pittura – attingendo a una tavolozza legata al design anni Sessanta ma anche a talune esperienze futuriste (Depero e non solo) –, con la quale dipinge puntualmente ogni forma generata. Tra le mostre, quella da Renata Fabbri a Milano (2021) e, sempre in città, da Schiavo Zoppelli Gallery nello stesso anno e da ICA nel 2022.

Cantale asciuga i profili di oggetti cari alla memoria domestica, senza sfociare mai nel design, ma consegnandoci brandelli di realtà rigenerata attraverso un passaggio di semplificazione di elementi che poi riguardano anche l’architettura; osserva ampi repertori di immagini appartenenti alla storia dell’architettura e del disegno progettuale connesso all’interior ma lo fa con una attitudine da archeologo sterminatore, che decide cosa salvare e cosa no dalle sue fonti.

Opere come Blu Gargano aprono la strada a una scultura monocroma, che non conosce il problema delle ombre ma che si rigenera nello spazio costantemente, una volta allestita. Un unico pezzo, da osservare circumnavigandolo, consente di generare una presenza che è insieme tangibile, ma mai pressante, ed evocativa, perché apre la strada anche a un flusso di narrazioni legate alle geografie naturalistiche e turistiche senza inciampare nei memorabilia da cartolina. A volte appaiono come presenze misteriose, quasi reperti di una civiltà misconosciuta. L’artista tiene alla precisione assoluta della costruzione stessa della scultura ed elabora vie di uscita dalla realtà attingendo a tale rigore nelle fasi progettuali, di produzione e di rifinitura. È una scultura concentrata, quella di Cantale, che non fa l’errore di cadere nel revival ma piuttosto genera la possibilità di riflettere sulle aree liminali che prescindono dai confini linguistici stessi della scultura, dell’architettura e del design medesimo.

E così nel suo studio milanese prosegue la sua indagine sugli archetipi e gli afflati eroici, che attinge da un repertorio legato ai fumetti e ai cartoon con ironia e disinvolta leggiadria. D’altronde il suo è un lavoro che si concentra, intensamente, sulla storia delle immagini e la loro assimilazione, in scala, nelle sfaccettate viscere del quotidiano.

Sarà pertanto interessante comprendere come si svilupperà nel prossimo futuro il suo lavoro, anche quando deciderà di confrontarsi con i grandi volumi, generando nuove visioni, anche optando per altri materiali che non siano quelli che appartengono al suo lessico, come l’alluminio, il vinile, il legno laccato. Oppure quando si concentrerà sulla bidimensionalità, com’è stato qualche tempo fa per una copertina della rivista d’arte contemporanea «Artribune» che però non includeva al proprio interno quella stessa energia vitale dei lavori scultorei.

Cosa fa, quindi, Cantale? Credo che metta ordine nella realtà, estrapolando saggi di reale per restituirli nella loro stessa essenza. La sua forza sta anche nell’osservare e rigenerare, con citazioni mai pleonastiche, esperienze o riflessioni di maestri come Luciano Fabro, ma senza sviluppare un discorso di mero omaggio citazionistico, bensì nel comprendere che la scultura è un organismo vivo e rigenerante, nel senso che rigenera luoghi e attitudini.