Sergia Avveduti

Lugo 1965
Vive e lavora a Bologna
Studio visit di Elena Forin
19 maggio 2024

Sergia Avveduti affianca alla pratica artistica la docenza all’Accademia di Belle Arti, dove insegna Sisegno per la scultura, Fenomenologia del corpo, Tecniche e tecnologie delle arti visive. Si esprime con pittura, collage, fotografia, installazione e video: attraverso questi linguaggi indaga il paesaggio e la misteriosa soggettività con cui viene percepito. Oltre a essere un ricorrente topos iconografico, lo spazio è quindi cruciale per raccontare lo scarto tra la realtà di un luogo e il modo in cui questo viene restituito: nei collage fotografici, ad esempio, le immagini di partenza sono scelte dal grande archivio del Touring Club degli anni Trenta. Si tratta di scatti in bianco e nero di cui l’artista seleziona architetture e prospettive naturali, per lo più montane; l’individuo compare solo raramente, mentre elementi costruttivi e del paesaggio sono accostati per similitudini o contrapposizioni formali anche molto nette. A tornare sempre però, è l’elemento circolare che, come un occhio di bue, richiama lo sguardo oltre la composizione spingendolo all’infinito.

Nelle installazioni come Ciglio di sole (2020), questo principio si allarga allo spazio attraverso un oggetto che diventa un vero e proprio dispositivo per vedere lontano, per spingersi oltre i limiti che la visione consente approdando a una realtà non più oggettiva: il mirino di gesso è puntato sul tondo bianco inserito nell’immagine di una montagna per aprirsi dentro la materia e ben oltre questa. Ne La frizione nei punti (2022), dedicato al trampolino da sci di Cortina, questo aspetto viene ancor più intensificato amplificando il lancio nel vuoto che appartiene tanto alla pratica sportiva quanto a quella artistica.

Questo particolare sentimento di vertigine si ritrova in tutte le sue opere che, al di là del linguaggio, delle tecniche e dei materiali, configurano l’identità di molti scenari sociali ed esistenziali della nostra epoca storica.

All’interno di questo tracciato, l’uso dei materiali ha un valore fondamentale, in quanto tali sentimenti prendono corpo proprio nella cura dei dettagli, delle forme e delle superfici. A diffondere la vibrazione emotiva e concettuale dell’uomo di oggi e del suo sentire sono, infatti, tanto il trattamento del patrimonio fotografico (manipolato nella sua verità documentale, brutalizzato da tagli e frange ma anche ricostruito in una nuova versione), il cambiamento della sostanza del design (da oggetto funzionale a strumento d’esperienza ed esperimento per misurare i limiti dell’instabilità), e la concretizzazione tra pensiero e forma che Avveduti mette in campo attraverso il disegno su tela. Questo ciclo di opere, uno dei più recenti a cui si sta dedicando, è apparentemente un elemento di differenza rispetto al resto della sua produzione sia per caratteristiche tecnico-linguistiche, sia per la velocità nella realizzazione, decisamente in controtendenza rispetto alle costruzioni meditate e precise dei collage e delle installazioni. Pur avendolo sempre praticato nella sua dimensione progettuale, da qualche tempo ha iniziato a sperimentarlo insieme alla pittura digitale e all’acrilico: da qui ha avviato la produzione di miniature digitali e di tele di più ampie dimensioni connotate da toni cromatici più rarefatti e sciolti. In entrambi i cicli la sensazione è quella di essere nello scenario silenzioso di una parata che si è appena conclusa e di cui vediamo alcuni oggetti ma non i personaggi. Gli elementi che compaiono sembrano in attesa di essere spostati, di muoversi verso un altro luogo o un altro tempo, appartengono a un passato non troppo lontano, a un gusto per le cose che conosciamo ma che in fondo non possediamo più del tutto: in queste preziose opere Avveduti insinua un che di onirico e la vibrazione di un’eco che per quanto flebile, ancora si sta propagando.

Questo agire tra il colore, il bianco che costruisce le immagini, la realtà della fotografia e degli oggetti, la manipolazione della visione e il senso di una meteorologia capace di modificare e trasformare ogni cosa in ogni momento, è l’insieme di piani su cui si muove il suo lavoro. E se la coerenza interna di ogni ciclo è tangibile, la diversità può forse essere recepita, apparentemente, non come un elemento di ricchezza ma di dispersione.

Ad essere potente nella sua indagine, però, è il valore inequivocabile del dato visivo: la consapevolezza nel padroneggiare i linguaggi e l’interesse per le architetture della mente, della natura e dell’uomo generano infatti un’indagine unica e personalissima che scioglie la certezza delle immagini e degli oggetti in un territorio ibrido tra minimalismo, raffinata eleganza ed emotività.