Marcello Mantegazza

Potenza 1974
Vive e lavora a Potenza e a Viterbo
Studio visit di Marcello Francolini
13 settembre 2023

Ribaltare la memoria. Questa proposizione è fondamentale nell’interpretazione critica della ricerca di Marcello Mantegazza, artista potentino che mescola le rimembranze cultuali lucane con una manifesta monumentalità capitolina. Da Potenza a Roma e viceversa. In questo senso si vuole rimarcare sin da subito l’attitudine che quest’artista pone nei riguardi del porre, dell’erigere, del costruire un monumento, da intendersi qui come lo spazio tangibile del ricordo, che desume elementi e formule tratte dall’iconografia ed epigrafia funeraria.

In effetti esiste nella ricerca di Mantegazza una duplicità cogente di forma e parole, entrambe ridotte alla forma originale, pura, inconsistente, indefinita, incompleta del simbolico. Partendo dalla serie delle opere Spoiler You Will Die (2018-2023) è evidente il paradosso simbolico che utilizza l’artista per ribaltare, o come lui stesso afferma, “hackerare la solennità”.

Il testo inciso coincide così con la forma di presentazione dell’opera. l’anticipazione del pensiero della fine entro i confini di una forma simbolicamente riconosciuta come la casa stessa della finitudine di un corpo, una lapide istoriata. Il tempo verbale non è definitivo come nel linguaggio funerario, non attesta né nomina alcunché, anzi lascia aperta la progressione del pensiero, costringendo lo spettatore a pensarsi entro l’unica non-immagine di sé tesso, quella della sua morte. Ribaltamento che procede nei confronti dell’epigrafia funeraria novecentesca com’è per un’altra serie di lavori, Italia chiamò (2018). Nomi e cognomi di soldati caduti durante la prima guerra mondiale, prelevati con la tecnica a frottage dal Monumento ai caduti di Muro Lucano (PO), e lasciati a colmare la vuotezza della pagina bianca. Divengono così segni aperti che, lasciati nella galassia intima della pagina, si pongono come specchi di autorivelazione. Nell’ultimo biennio la ricerca sembra aver assunto una maggiore consapevolezza della valenza simbolica del linguaggio. Si pensi alla serie Droplet parole sputate (2021), opere in forma di manifesti, installati a Viterbo in occasione della 17ª edizione della Giornata del contemporaneo, appartenenti al progetto di poesia visiva Racconti del sonno, progetto in corso dell’artista che lui stesso definisce come un esercizio quotidiano consultabile sull’omonima pagina Instagram. Qui vi è una ricerca semiotica del simbolo, nell’uso ripetitivo di verbi coniugati nella forma dinamica dell’infinito. Quasi che lo spazio pubblico della comunicazione divenisse uno spazio di comunicazione simbolico, il cui contenuto è predisposto a una premeditata indefinitezza. Il linguaggio assume simbolicità anche nella sua negazione, come sembra nel caso de La biblioteca di Babele (2021), uno scaffale definito display, di legno verniciato, che fa da supporto a 34 lastre di marmo di Carrara di varie dimensioni. Qui il presupposto sapere è inconsultabile ma, in egual tempo, fissato come presenza di un ricordo generalizzato che perde la propria specificità per aprirsi all’immagine che di volta in volta ogni spettatore riorganizza per sé stesso, proiettando il proprio nell’universale. In definitiva questa biblioteca con la sua distanza illeggibile è analogia stessa di quell’universo citato da Jorge Luis Borges nel suo omonimo romanzo del 1914: «L’universo, con la sua elegante dotazione di scaffali, di tomi enigmatici, di infaticabili scale per il viaggiatore e di latrine per il bibliotecario seduto, non può essere che l’opera di un dio. Per avvertire la distanza che c’è tra il divino e l’umano, basta paragonare questi rozzi, tremuli simboli che la mia fallibile mano sgorbia sulla copertina d’un libro, con le lettere organiche dell’interno: puntuali, delicate, nerissime, inimitabilmente simmetriche».

La poetica di Marcello Mantegazza sicuramente ha un interessante svolgersi, vista la condizione sociale di smarrimento emotivo degli ultimi tempi, contribuisce a porsi seriamente domande sul verso del mondo presente, dove sembra che la vita dello spirito sia sempre più lontana dal quotidiano e che il senso di rassegnazione passiva verso ciò che è, non stimoli ad azioni di costruzione concreta.