Jimmy Milani

Savigliano 1995
Vive e lavora a San Miniato e a Milano
Studio visit di Angel Moya Garcia
4 maggio 2024

Nel corso della sua formazione in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, Jimmy Milani ha trovato un fervido confronto con i proprio compagni di corso sia fuori che all’interno delle lezioni. Un costante processo di verifica, più che di conferma, in cui emergevano le eventuali criticità attraverso continue presentazioni, tavole rotonde e presentazioni del proprio lavoro in pubblico. La sua ricerca è caratterizzata da un confronto critico con la tradizione pittorica e da una passione per la composizione. La cornice, il vetro, la struttura e la stessa rappresentazione vengono forzati per sfruttare ogni minima possibilità formale e concettuale. Lo spazio con cui la pittura si rapporta viene dilatato attraverso uno studio del proprio perimetro, dei confini entro cui solitamente viene circoscritto. In questo senso, spesso è proprio la cornice a diventare il centro nevralgico del lavoro, sottolineando la dicotomia tra l’immagine e i suoi contorni, svelando l’illusione e aprendo la rappresentazione verso un altrove. I soggetti e le narrazioni si fondono su superfici definite, delineate e campionate senza un eccessivo utilizzo di sfumature, mentre razionalità e intuizione si intrecciano senza bisogno di una reale distinzione. Se da un lato la mano dell’artista sente di dover seguire ipotesi rigorosamente pianificate, dall’altro trova un uguale e opposto impulso di cedere all’inaspettato. La rappresentazione scende in secondo piano di fronte alla consapevolezza di vivere attraverso l’interazione con il fruitore, mettendo in luce una particolare attenzione all’aspetto installativo e strutturale dell’opera. La volontà dell’artista è quella di allontanarsi dalla sola idea di contemplazione, ricercando un’intersezione tra significato e forma, sviluppando come risultato una temperata proiezione della sua visione del mondo.

Il suo lavoro si inserisce in un importante filone di ricerca che si interroga sui perimetri della pittura, nel desiderio di sfondare la tela e di dilatare lo spazio di azione del quadro in una sorta di attualizzazione delle ricerche del Novecento. In questo modo viene sottolineato, ancora una volta, come la pittura rimanga ancora oggi un campo inesauribile di possibilità, di sperimentazioni in cui le immagini o le rappresentazioni tendono a svincolarsi dalla rigidità classica del supporto per riversarsi su tutto ciò che le circonda.

Nella sua mostra più recente alla ArtNoble Gallery, sviluppata insieme a Gabriele Ermini e a cura di Antonio Grulli, bidimensionalità e tridimensionalità si fondevano e confondevano. Negli spazi della galleria milanese, un’intera parete di dittici, realizzati con cerchi neri su tela bianca, rappresentavano tanti occhi racchiusi in scultoree cornici metalliche che ci guardavano invece di lasciarsi guardare. Parallelamente, nella serie Scarabocchio, lo stesso atto dello scarabocchiare, simulato e ingrandito, veniva presentato attraverso tele di grandi dimensioni, inserite all’interno di enormi buste di plastica realizzate su misura.

Attualmente, Milani è invece in una fase di studio, di riflessione e di analisi, in attesa di iniziare nuovi progetti.

La prima criticità che potrebbe emergere dal suo lavoro riguarda il dubbio che tale ricerca sui perimetri possa nascondere un’insicurezza sul fuoco dell’opera, su quello che, in linea di massima, dovrebbe concentrare una sintesi formale. In questo senso, la complessità del contorno installativo potrebbe diventare una distrazione, una deviazione dello sguardo, travisato o ingannato da un apparato periferico che sovrasta il lavoro pittorico. Allo stesso tempo l’approccio grafico che si traduce in una pittura estremamente precisa, pulita e quasi artificiale si declina in una freddezza formale che potrebbe creare distanza con lo spettatore.

Tuttavia, il suo processo di lavoro non parte da una tematica prefissata, preimpostata o di tendenza e non cerca una legittimazione attraverso una sovrascrittura teorica. Spicca l’ossessione per il gesto, per il fare e per la potenzialità della pittura, in una ricerca costante sull’espansione, sulla possibilità di svincolarsi dall’ordine e dalla materialità, per indagare ogni possibile superficie.