Aronne Pleuteri

Erba 2001
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Edoardo De Cobelli
9 novembre 2023

Nell’arte contemporanea non ha mai avuto tanto spazio la comicità. L’autoironia pessimistica frutto della condizione artistica, soprattutto in anni recenti, ha sicuramente trovato varie forme di manifestazione, ma la comicità scanzonata, leggera o imbarazzante tipica, per intendersi, della stand-up comedy, ha solitamente lasciato il posto a una serietà di fondo, a un peso che l’arte sente di dover avere. Aronne Pleuteri può essere invece visto, nell’arte nostrana, ciò che Valerio Lundini è oggi per la comicità italiana. Ha 22 anni, è nato nell’alta Brianza e si prende gioco della sua esistenza in uno studio nel quartiere di Barona, a Milano ovest. Pleuteri non ha paura di introdurre l’elemento dell’imbarazzo, quello che oggi si definisce cringe, un principio di assurdità narrativa che spesso gioca con l’inaccettabile sociale.

Nella musica, questo può significare il gusto della cacofonia: la musicassetta prodotta in un bunker di Cusano Milanino con l’amico Riccardo Sala si intitola La vita è un viaggio c’è un trattore di passaggio e inizia, per cominciare a fare qualche esempio, con un lamento ripetuto che intona «Sono stanco Bruce…», fino a che la voce si distorce e infine si zittisce. Chi avrebbe mai immaginato di veder inscenata davvero una sfida nani contro giganti nel cortile dell’Accademia di Brera, come performance di diploma? Una performance, oltre che un libro d’artista (la tesi di laurea) e infine un film, che si trova sul suo sito.

Il cringe ha la peculiarità di suscitare un senso di imbarazzo in chi guarda, che si trova a osservare qualcosa che non è previsto dal copione, ovvero che va contro il senso comune, l’ammissibile, il conveniente. Questa è la forza e in fondo il senso di liberazione di una forma di comicità che è capace di alleggerire le nuove generazioni dalle pressioni sociali (e social).

Ma Aronne artista nasce in primis come pittore. Gli ho chiesto perché, nei suoi dipinti, rappresenti perlopiù figure visibili dalla metà degli arti inferiori in giù: piedi in movimento, sneakers che si muovono tra nature burrascose e uccelli irriconoscibili. La risposta è stata che gli piace marginalizzare il soggetto, soprattutto se umano e, in un certo senso, credo io, declassarlo, detronarlo. Il piede, dice, è simbolo del rapporto tra la terra e il movimento. Questa vicinanza al terreno è esplicita nella performance recentemente portata a Torino per Osservatorio Futura, dove ha percorso due chilometri disteso su un attrezzo artigianale su ruote attivato grazie a uno strano movimento pelvico.

Ciò che rende l’arte di Pleuteri singolare nel panorama italiano è anche ciò che la rende, di primo acchito, respingente: non siamo abituati, come si diceva prima, ad affrontare provocazioni così dirette o scene così prive di senso. Questa è infatti una sfida posta all’osservatore.

La comicità implica infine, per trasformarsi in quel sarcasmo capace di far riflettere, una sottile intelligenza e non da ultimo una buona dose di coraggio, entrambi presenti in Pleuteri. Ma al di là di mettere o meno in discussione qualche abitudine, è anche bello, talvolta, nell’arte, limitarsi a sogghignare senza necessariamente prenderla sul serio.