Andreco

Roma 1978
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Elisa Carollo
7 maggio 2024

Andrea Conte, in arte Andreco, porta avanti una ricerca che intende la crisi climatica e ambientale come una questione intrinseca nel paradigma di sviluppo attuale e che per questo può essere trattata solo con la proposta di modelli operativi alternativi.

Con questo nuovo studio visit, rispetto al precedente curato da Nicolas Martino, volevo approfondire l’approccio metodologico adottato dall’artista, che in virtù di una formazione multidimensionale (Andreco ha un dottorato in Ingegneria ambientale e un post-dottorato in Tecnologie verdi e sostenibilità) unisce in maniera efficace ricerca scientifica, attivismo e pratica estetica e poetica.

I progetti di Andreco si muovono spesso fluidamente tra performance, installazioni, traduzioni bidimensionali e workshop volti a sviluppare una consapevolezza attiva su alcune problematiche ecologiche del nostro tempo e a creare un nuovo linguaggio simbolico, un alfabeto che affianchi la lotta ecologista per offrire un cambio di prospettiva rispetto a quella antropocentrica, per nuovi eco-equilibri. Un esempio recente è Displacement, una performance collettiva presentata per la Biennale di Malta dove, con una marcia solenne, ha messo in scena l’inesorabile fenomeno di migrazione causato dai cambiamenti climatici: una potente metafora poetica che unisce componente estetica e attivismo e in cui il pubblico è invitato a una consapevolezza corporea, e poi simbolica, di questi fenomeni di migrazione.

L’artista ritiene centrale nella sua pratica la creazione di ecosistemi, concepiti come modelli scientifici ma anche estetici e politici per ispirare una diversa coesistenza tra specie, e mettere in evidenza la necessaria interdipendenza fra queste. È proprio così che ha compiuto la sua transizione dall’ambiente puramente scientifico a quello artistico, portando fuori dal laboratorio l’utilizzo di specie vegetali per rigenerare interi ecosistemi, facendone installazioni o azioni collettive. Un esempio, in questo senso, è stato Aula verde: una riforestazione da parte di cittadini, scienziati e attivisti guidati dall’artista nella riserva del Parco del fiume Aniene a Roma. Un suo articolo di ricerca su quest’opera è stato da poco pubblicato nello Scientific Reports di «Nature», a riprova di come la sua pratica possa avvicinare la conoscenza scientifica al vasto pubblico attraverso l’arte, puntando a un impatto reale, che lasci anche un contributo nel dibattito sia culturale che scientifico, con l’intento di avere un ruolo anche nella progettazione di spazi pubblici.

Nella pratica di Andreco è evidente la vicinanza all’approccio di Joseph Beuys, in primis con le sue 7000 querce piantate prima a Documenta 7 nel 1982 e poi in varie parti del mondo, una missione globale per stimolare il cambiamento ambientale e sociale attraverso una rigenerazione che parte dalle piante. La stessa dimensione relazionale e laboratoriale che vediamo in artisti come Pedro Reyes, Francis Alys, Marina Abramovic o Ibrahim Mahama, che similmente si muovono fra poetica e politica per agire nella comunità e nello spazio pubblico. D’altra parte, l’inclusione di enti vegetali e microrganismi e l’organizzazione di interi ecosistemi lo rendono fra i precursori di un’arte che vediamo oggi, a livello internazionale, esplorare sempre più modelli alternativi di coesistenza tra specie, in opere che diventano laboratori e artisti che collaborano con scienziati, come nel caso di Anicka Yin, Pierre Huyghe, Jes Fan o Alma Heikkilä.

Il prevalere, nell’ultimo periodo, della componente performativa piuttosto che installativa, tuttavia, rischia di limitare la lettura della sua pratica a una spettacolarizzazione di questi fenomeni, a scapito della creazione di un universo simbolico di trasformazioni lente ma possibili. La sua opera va quindi contestualizzata all’interno di un’idea di “scultura sociale”, così come predicata da Beuys, basata, nel caso di Andreco, su studi scientifici.

In un momento in cui il binomio arte-scienza si fa sempre più interessante ed esplorato, il punto di forza di artisti come Andreco è quello di portare avanti l’idea di Beuys, di un artista come agente sociale, sciamano e guida che può ispirare, ma anche mostrare concretamente, possibilità alternative di sviluppo e di esistenza armoniosa fra specie sulla base di dati scientifici, così come di saperi e tecnologie ancestrali, native o rurali. Da questo punto di vista, Andreco dimostra di abbracciare saperi diversi, con un importante approccio internazionale per trovare soluzioni comuni.

Foto di Filippo M. Nicoletti
Foto di Musacchio-Ianniello