Andrea Bolognino

Napoli 1991
Vive e lavora a Napoli e a Monaco di Baviera
Marcello Francolini
14 ottobre 2023

La scelta di voler tornare a rivedere Andrea Bolognino, giovane artista napoletano, già ospite lo scorso anno del progetto Panorama, è legata una serie di concause sollecitate dalla precedente analisi critica di Alessandra Troncone, che racchiudo qui in alcuni punti focali: segno, disegno e smaterializzazione tecnologica.

Proprio questa volontà di perseverare nel disegno per adeguarlo a una visione contemporanea rappresenta una peculiarità rara ma non del tutto isolata tra le ricerche delle nuove generazioni di artisti coevi a Bolognino, così come sembra emergere sempre più in questo materiale ‘panorama’ (intendendo il corpus di tutti gli artisti studio-visitati), tale da poterla definire una tendenza. La morfologia prevalente del disegno svela però entro questa tendenza, una espansione oltre la linea di contorno, secondo una figurazione che sembra tradire la peculiarità nitida della forma per lasciarla indefinita e quindi aperta alle relazioni possibili stabilite dall’osservatore. Qui il disegno viene impiegato come non-disegno, nel senso che la pratica si allarga a contenere in sé il fondo e tutte le azioni che lo coinvolgono come spazio costruito: il frottage, l’assemblaggio, l’addensamento di altra materia; muta il concetto stesso di segno, dall’azione diretta dell’incidere si annette quella mentale del montaggio: proiezioni digitali, scansioni analogiche, video-frame, fotografia. In questo modo nuovo, il disegnare, diviene una prassi affine alla scultura, all’installazione all’ambiente, nel suo nuovo tentativo di ridefinizione del paesaggio contemporaneo come un paesaggio performativo, nel senso di essere nel suo giudizio, continuamente ridefinito dal suo osservatore.

Un modus operandi che riflette anche l’ultimissima ricerca dell’artista. In un modo che potremmo definire ‘naturamortista’, l’artista inizia a costruire delle direzioni di sguardo per l’osservatore, attraverso l’aggiunta di oggetti riconoscibili che si dispongono come motore attraverso cui riorientare le altre parti con il tutto. Questa nuova dimensione oggettuale di Bolognino lo svincola dal piano e la sua ricerca confluisce nei campi attigui del teatro e della coreografia, permettendo di costruire un disegno concreto che si espande alla scultura, alla scenografia, all’installazione.

Nell’opera Il guscio (2023), realizzata in occasione dello spettacolo teatrale La vera, vera storia di Peter Pan, con le scenografie curate da Lucrezia Longobardi e Nora De Blasio alle Officine San Carlo, il paesaggio si unisce visibilmente alla natura morta; Bolognino costruisce grosse teche di vetro contenenti terra, piante, oggetti trovati, gesso, argilla, colla, carta, dando vita a tableaux vivants di una vita vista al microscopio, come degli acquari che vivono animati dallo sguardo del fruitore. L’idea dell’oggetto permette di arrivare al disegno come restituzione formale privilegiata da Bolognino, il tratto unito alla variazione polimaterica delle superfici, genera quello che può essere definito amplificazione del corpo. Il concetto di corpo come soggetto agito origina l’opera Corpo aumentato, realizzata nel 2022 in dialogo con un elemento molto presente nella città di Napoli, l’edicola votiva. Un ambiente abitato da statue di figure sacre il cui corpo, caratterizzato da mutilazioni, ferite e abrasioni, induce lo spettatore a riflessioni quasi riconducibili a suggestioni di coinvolgimento emotivo, porta Bolognino a riflettere sul corpo contemporaneo inteso come campo di battaglia ibridato, modificato e condizionato da tecnologie che lo rendono per forza di cose aumentato.

Per adesso questi ultimi esperimenti sono fermi allo stadio di test e non ancora esplicitati entro cicli di lavori coerenti e organizzati. Con ciò non possiamo afferire l’avvenuta espansione della sua ricerca, ma di sicuro abbiamo potuto osservare un affascinante potenziale che può essere strutturato solo da un necessario approfondimento della simbologia da rappresentare. Quest’ultima non può essere lasciata al caso, ma mescolata, accresciuta da sempre più strati di possibile interpretazione iconologica.

L’artista plasma le sue figure attraverso elementi naturalistici e simbolici pregni di significati percettivi. Il corpo assume centralità dall’unione di più generi pittorici, paesaggio e natura morta e talvolta autoritratto. L’utilizzo del disegno, della prospettiva e della profondità stabilisce un punto importante che pone Bolognino in una posizione interessante nel panorama dell’arte contemporanea, restituisce il valore pittorico e atmosferico alla grafite e al carboncino, facendo coesistere il medium storico con la ricerca contemporanea.