Alice Paltrinieri

Roma 1987
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Marco Bassan
2 dicembre 2023

Il precedente studio visit di Daniela Trincia ha evidenziato come Alice Paltrinieri si trovi in un momento di passaggio della propria pratica artistica. Fortemente coinvolta nell’esplorazione di modalità innovative per mappare le relazioni umane, l’artista si trova a dover affrontare una sfida importante per il proprio lavoro, capire cioè come formalizzare la propria pratica intangibile e tecnologica e come sviluppare narrazioni che possano dialogare con un pubblico più ampio. Questo secondo studio visit parte da queste domande aperta per esplorare l’evoluzione del suo lavoro.

La costellazione di artisti cui Paltrinieri si ispira nel corso della sua ricerca è ampia e frammentata. La capacità di coniugare il fascino per la tecnologia e l’interesse per lo sviluppo di consapevolezza all’interno delle relazioni umane, l’ha portata a spaziare tra artisti che si occupano di installazioni site-specifc e di pratiche performative. Rachel Whiteread è uno dei più importanti riferimenti nella costruzione di un linguaggio interiore, per la capacità di coniugare l’intimità della casa con la maestosità di interventi su grande scala; in maniera più filosofica Tomás Saraceno è fonte di ispirazione per il modo in cui connette il microscopico con il macroscopico, e per la sua ricerca sulla complessità. Altri riferimenti più performativi sono Marina Abramovic, in modo particolare per la sua indagine sulla perdita di controllo nella performance Rhythm 0 a Napoli, Bruce Nauman per il lavoro sulla presenza/assenza, e Anne Imhof per la sua estetica contemporanea.

Il suo lavoro, intersecando azioni performative, nuove tecnologie e pratiche relazionali, tenta di afferrare con strumenti raffinati una realtà estremamente complessa che difficilmente viene colta da forme di rappresentazioni bidimensionali o scultoree. Al contempo l’artista indaga modalità inedite di restituzione e di documentazione del lavoro performativo e relazionale che possono diventare a loro volta opere d’arte capaci di produrre una forza simbolica e di condensare il lavoro svolto a monte.

La ricerca di Paltrinieri riesce a coniugare una poetica interiore particolarmente caotica e generativa con un linguaggio contemporaneo sia nell’estetica che negli strumenti di rappresentazione utilizzati e il desiderio di ridurre al minimo la propria presenza autoriale e la capacità di mettere in connessione diversi mondi e diverse competenze professionali le permette di realizzare progetti complessi e innovativi dal risultato spesso inaspettato.

Gli ultimi progetti realizzati le hanno permesso di definire in maniera rigorosa una propria metodologia lavorativa e di strutturare con precisione un processo creativo capace di formalizzare, nello spazio e nel tempo, le relazioni umane che vengono esplorate nel suo lavoro.

Al momento sta sviluppando una collaborazione con il cementificio Colacem con il quale ha realizzato un’installazione per la Biennale di Gubbio fatta di diverse tappe: una residenze in azienda, un’azione performativa durante l’inaugurazione che coinvolge il pubblico e i dipendenti aziendali e un’installazione all’interno del loggiato di Palazzo Ducale per l’intera durata della Biennale.

Oltre a raccontare le connessioni sociali tra le persone, la sua ricerca si è ampliata integrando suggestioni intime già presenti nel suo lavoro iniziale, come nel progetto TRAUMCLUB che esplora la dimensione onirica del visitatore.

La curiosità e la dinamicità della sua ricerca e l’utilizzo di tecnologie sempre in evoluzione possono portare l’artista a cambiare troppo rapidamente il medium di rappresentazione del proprio lavoro che può risultare, quindi, poco riconoscibile al pubblico. Inoltre i progetti che realizza richiedono spesso grandi dimensioni e una progettualità che coinvolge professionalità differenti e tecnologie particolarmente all’avanguardia e questi vincoli, se non sono ben progettati, possono rappresentare un freno allo sviluppo della sua ricerca.

La ricerca di Paltrinieri ha la capacità di adattarsi a spazi, narrazioni e pubblici molto differenti tra loro e la sua poetica interiore, se accudita e ascoltata, è in grado di tracciare un sottile filo rosso che congiunge fra loro le varie opere mostrando con forza la capacità che ha di registrare, formalizzare e restituire trasformate le necessità individuali e collettive del pubblico e dei partner con cui lavora.