Pamela Diamante

Bari 1985
Vive a lavora a Bari
Studio visit di Nicolas Martino
13 luglio 2024

Pamela Diamante è un’artista con alle spalle una carriera militare, che ha lasciato per iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Bari dove ha studiato Scultura. Sempre in Puglia ha avuto la possibilità di collaborare con l’attività espositiva del Torrione Passari di Molfetta, curata da Giacomo Zaza, e quindi di entrare in contatto con alcuni degli artisti più significativi della scena contemporanea. Dopo aver viaggiato ha deciso di tornare definitivamente a Bari, facendo di questa scelta una strategia politico-culturale che punti non sull’abbandono dei territori meno ‘felici’ per l’arte contemporanea, ma al contrario sulla loro ‘coltivazione’. In questa chiave va letto il suo impegno come curatrice del Focus Arte Contemporanea del BIG Bari International Gender Festival.

La sua pratica artistica tende a ibridare diversi linguaggi, da quello scultoreo a quello installativo e sonoro, dal video alla fotografia, nell’intento di dare vita a opere che nascano sempre da un processo collaborativo e che si facciano interrogativo radicale sulla condizione contemporanea, nella convinzione che l’arte possa essere una pratica critica e quindi un intervento estetico-politico sulla realtà e le sue forme. Tra i suoi lavori più recenti e interessanti si possono senz’altro segnalare

Stato di flusso (2022), installazione performativa e auto-analitica sul respiro e la struttura del tempo, Async (2021), una sorta di giardino sonoro che riflette sul rapporto tra uomo e natura, e Generare corpi celesti – esercizi di stile (2020), una video installazione sulla volontà di potenza dell’uomo che in una società del capitalismo totale finisce per ridurre a forma-merce tutto lo spazio dell’immaginario. Tra i primi della sua produzione, invece, Dissoluzione della forza in un paradosso (2015) è un video in cui si confrontano le correnti sismiche della terra e le crisi epilettiche di un uomo, che riflette sul paradosso di un’eccedenza energetica funzionale al ristabilimento di un nuovo equilibrio. In mezzo tra queste prime ricerche e gli ultimi sviluppi si colloca uno dei suoi lavori più conosciuti e suggestivi, Fenomenologia del sublime (2019), una serie di opere realizzate con la pietra paesina, una particolare roccia di calcare a argilla che conserva dei sorprendenti disegni di origine naturale: mari in tempesta, vulcani e montagne costituiscono opere incise dal tempo. In una riflessione sulla potenza creativa non umana, Diamante affianca alle prime immagini quelle trovate in rete che riproducono gli stessi scenari.

Ora l’artista sta lavorando a Le mangiatrici di terre, la sua prossima personale alla Galleria Gilda Lavia che si terrà nel 2025, un nuovo progetto sulla condizione delle donne meridionali e sulla storia di un rapporto con l’agricoltura finora tutto declinato al maschile. Considerando tutti questi lavori si può dire che Pamela Diamante rappresenti un tassello importante di quell’arte politica che si è affermata negli ultimi anni, costituendo quasi un ibrido tra quel pensiero critico che va sotto il nome di “italian theory” e la cosiddetta “critica radicale” di origine situazionista. Per sintetizzare: se nella scena italiana contemporanea possiamo individuare alcuni artisti influenzati dalla critica “tragica” di filosofi come Cacciari e Givone, e altri che guardano alla critica “materialista” di Virno e Berardi Bifo, altri ancora sono più legati alla critica “atipica” di autori come Cesarano e Carchia. Ecco, forse non è un caso che Diamante sia nata e cresciuta a Bari, la stessa città di De Feo, uno dei filosofi più radicali, originali e misconosciuti della cultura italiana.

In questo senso è possibile pensare che tutto il lavoro della Diamante potrebbe acquisire ancora più forza, se l’artista sviluppasse un progetto che rendesse evidente la radicalità delle poetiche e del pensiero che su quel territorio si sono sviluppati negli anni. Penso senz’altro al già citato De Feo, ma anche a un artista come Matarrese, sempre più estremo e silenzioso. Penso, tra arte e politica, alla genealogia di una ‘école barisienne’, alternativa a quella che fu e che potrebbe fare del capoluogo levantino una nuova capitale culturale del Mediterraneo. Detto questo, che Pamela Diamante abbia deciso di lavorare in questo territorio con la qualità e la radicalità artistica di cui è capace rimane un suo punto di forza fondamentale.