Andrew Iacobucci

Roma 1986
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Marco Bassan
12 luglio 2024

La ricerca di Iacobucci si concentra sul linguaggio nella sua forma primordiale, prima che diventi un codice riconoscibile e dotato di significato. Il suo lavoro esplora il segno nella sua essenza più pura, riducendolo a una traccia priva di finalità comunicative. Iacobucci si avvicina alla semiotica e all’archeologia, ma con un approccio estetico, cercando di catturare il momento in cui il segno emerge prima di diventare parola o simbolo e muovendosi tra gli stretti confini della lingua e delle sue codificazioni.

Le sue opere spaziano dai ricami digitali di disegni infantili pre-alfabetizzati alle performance come SLALOM, realizzata recentemente alla Fondazione del Roscio, dove un traccialinee, solitamente utilizzato per segnare l’asfalto, si muove liberamente sulle tele, creando strisce di colore casuali.

In un’epoca dominata dall’informazione e dalla comunicazione rapida, quello di Iacobucci è un approccio molto rigoroso al linguaggio, un ritorno all’origine del segno e alla sospensione del significato che offre una riflessione critica e poetica sulla complessità e la fragilità della comunicazione umana. Per metà di origini inglesi, l’artista è contraddistinto da un approccio al lavoro ‘anglosassone’ e operaio, con ispirazioni ai gum paintings di Dan Colen e all’astrazione di Afro, ma è allo stesso tempo capace di confrontarsi con il palpitare delle chiese caravaggesche romane. La sua riflessione sul linguaggio attraversa una vasta gamma di media, dalla pittura con smalti al ricamo, fino alla composizione scultorea fatta di candeline di compleanno o di metronomi. La sua è una costante ricerca di nuovi elementi e simboli da assemblare come dei caratteri mobili che gli permettono di costruire discorsi astratti prelinguistici, per giungere alla contemplazione profonda del linguaggio come esperienza estetica e sensoriale.

Attualmente Iacobucci sta preparando una mostra presso la Galleria Memphis Milano, dove le sue tele realizzate con vernice stradale dialogheranno con pezzi iconici di design degli anni ’80 creati da artisti come Sottsass, Zanini e Kuramata. È impegnato inoltre in una mostra presso IUNO, che restituirà la documentazione di un workshop di scultura svoltosi in inverno all’Accademia di Francia a Villa Medici, presentando una pubblicazione inedita, un mix tra un bestiario e un catalogo d’arte, che esplora i totem di pongo realizzati durante il workshop.

La formalizzazione secca, ordinata e seriale può nascondere alla vista dello spettatore la visceralità che contraddistingue le sue opere. Grazie al progressivo coinvolgimento nella sua produzione di artigiani e apparecchi industriali, il lavoro diventa sempre più complesso e concettuale e corre il rischio di diventare impenetrabile a una prima vista disattenta del visitatore.

Le singole opere godono di una forte attrazione estetica, ma la complessità del suo lavoro si evince solamente nell’attenta e lenta osservazione della pratica nel suo insieme, che racconta un ritmo interiore dell’artista lontano da quelli della società contemporanea. La rigorosa ricerca sul linguaggio è una struttura aperta e generativa che gli permette di essere pienamente produttivo, ma rischia a volte di nascondere l’intimità e la fragilità dell’artista che si cela dietro la sua produzione.

Nell’affrontare temi universali e profondi, come la difficoltà di esprimersi e la frustrazione nei confronti di una comunicazione inefficace, il suo lavoro viene apprezzato a diverse latitudini: l’artista infatti si muove agilmente in diversi contesti artistici internazionali. Il suo corpus di lavori è una grande lezione di umiltà per lo spettatore che contempla l’impotenza e l’incapacità comunicativa che emerge dall’infinità delle possibilità che il linguaggio è in grado di creare. Dalla ricerca di Iacobucci sembra farsi largo la consapevolezza di come il linguaggio sia un fenomeno emergente in natura e non una struttura culturale sovrimposta alla macchina biologica ‘uomo’, permettendoci così di riunificare la nostra parte infantile con quella analitica.