Francesca Cornacchini

Roma 1991
Vive e lavora a Roma e a Trevi
Studio visit di Marco Bassan
12 giugno 2024

Le opere di Francesca Cornacchini sono icone di una cultura underground contemporanea, che affonda le proprie radici in un’estetica capace di restituire le turbolenze sociali, politiche ed emotive di questo periodo storico. La sua ricerca è infatti caratterizzata dal tecnopessimismo e da una nuova forma di femminismo, in cui le opere restituiscono un’insoddisfazione politica rappresentata a livello esistenziale. Il tema del corpo è il sottofondo del lavoro di Cornacchini, che attingendo dalla sfera privata porta una connotazione poetica alla visione antropologica e politica del suo lavoro. Il corpo, centrale, ma di fatto assente, si esprime con i feticci che lo rappresentano, che siano oggetti di consumo o avatar digitali. Il mondo digitale, in particolare, rappresenta un bacino pressoché infinito di ispirazione, seppur sempre utilizzato con scelte estetiche rétro, estremamente precise e datate principalmente agli albori di internet e del gaming.

Le memorie e le suggestioni di Cornacchini, infatti, prendono forma dagli immaginari del gaming degli anni Novanta, riattraversato costantemente nel lavoro per esorcizzare e riaffrontare le paure adolescenziali ed infantili che segnano l’esistenza umana. In questo scenario il suo avatar prediletto è Lara Croft, protagonista del videogioco Tomb Raider, figura eroica e femminista. Il suo muoversi avanti e indietro fra mondo digitale e analogico le permette di costruire un immaginario ricco e complesso composto da gif, video e grafiche rétro, ma anche felpe, fumogeni e altri oggetti di ribellione, che vengono decontestualizzati e reimmaginati.

La sua si potrebbe definire una ricerca romantica ed eroica, capace di raccontare le radici della rivoluzione tecnologica odierna e il dinamismo della cultura underground, in cui violenza e fragilità vengono rappresentati dallo stesso linguaggio. Il suo immaginario digitale si interseca a quello di SuperMario sleeping di Manetas, alla lettura tecno-politica di Gazira Babeli e alla bubble vision di Hito Steyerl. Nei momenti in cui l’opera entra nel mondo analogico, Cornacchini guarda soprattutto allo studio formale dell’astrattismo americano degli anni Settanta, primo fra tutti Newman con i suoi zip paintings. A questa pratica pittorica fatta di ready-made si abbina spesso un atto performativo che, in modo rituale, innesta energia all’opera, con uno sguardo rivolto alla pratica di Anne Imhof e alle performance di Pippilotti Rist, come Wicked Game, che rimane punto di riferimento centrale nella sua pratica.

Al momento sta approfondendo quella che lei stessa definisce come una perturbazione meteorologica relazionata alle subculture: un’analisi delle increspature storiche che si formano su vari livelli della società, soprattutto durante i momenti storici di grandi cambiamenti come il nostro. Dopo la personale Natural Disaster, è stata invitata al progetto Le Porte del Futuro per realizzare uno stendardo che sarà esposto sulle mura aureliane della sua città. A breve lascerà, dopo molti anni, lo studio in cui è stato fondato In Situ, per trasferirsi con tre dei suoi colleghi in un nuovo spazio al Pigneto. L’ultima ricerca in corso è legata ai danni realizzati dai tornadi sul suolo. Attraverso l’incrocio dei dati di software come Tornado Archive e di Google Earth Engine può mappare anno per anno i segni che questi eventi atmosferici lasciano sul paesaggio.

Avendo il lavoro di Cornacchini l’ambizione di raccontare una generazione, la sfida di coniugare insieme immaginario tecnologico, cultura underground, letture filosofiche ed esperienze personali richiede al suo lavoro una grande precisione, che non sempre si riscontra in tutti i suoi lavori. Alcune volte il lavoro è troppo intimista, altre troppo didascalico e in alcuni casi troppo concettuale. Quando invece riesce a tenere insieme queste tre nature, le opere assumono una grande forza visiva e immaginifica, capace di riassumere in un solo gesto speranze, rabbie e delusioni di un’intera epoca.

Cornacchini ha uno sguardo pittorico che le permette, seppur attraverso una serie di ready-made, di realizzare opere dal forte impatto iconico. L’uso del corpo come metro dell’opera e come strumento performativo per la sua realizzazione simbolica rende il lavoro facilmente fruibile, poiché lo proietta nel mondo reale, attingendo ad una sorta di memoria collettiva che ha come presupposto l’essere in opposizione. Convinta che tutti desiderino sentire quella scintilla energetica delle rivoluzioni, Cornacchini cerca di proiettare nel suo lavoro la forza generativa della rivoluzione e della distruzione creatrice della cultura underground.