Maria Giovanna Abbate

Caserta 1991
Vive e lavora a Napoli
Studio visit di Chiara Pirozzi
11 giugno 2024

La formazione eclettica di Maria Giovanna Abbate inizia dagli studi in Chimica dei materiali per il restauro al diploma specialistico in Scultura, presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. L’artista è co-fondatrice con Francesco Capasso di Opificio Puca, uno spazio laboratoriale ed espositivo all’interno di edifici industriali nella periferia fra Napoli e Caserta. Abbate è inoltre curatrice e autrice di Oh Ah Sì! Sul fiume fuori rotta, un progetto partecipativo che si è svolto lungo le sponde del fiume Volturno e che ha visto il coinvolgimento di giovani artisti del territorio, e non solo, che hanno attivato una serie di esplorazioni, concretizzate poi in azioni performative e in nuove produzioni content-specific volte a offrire uno sguardo e un’interpretazione alternativa e condivisa dei territori attraversati. Maria Giovanna Abbate ha recentemente partecipato alla mostra collettiva Our Rivers Share a Mouth, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Guarene.

Il lavoro di Maria Giovanna Abbate si articola nella produzione di opere multimediali e scultoree che l’artista lascia dialogare nello spazio in una dimensione installativa. La ricerca di Abbate è indirizzata a forme di progettualità relazionali e comunitarie, in cui l’artista sceglie di agire conformandosi perfettamente al contesto sociale di volta in volta intercettato. In questi termini le opere di Maria Giovanna Abbate si strutturano come organismi, come sistemi non chiusi né circolari, bensì aperti alla connessione con l’altro. Da questa visione di pensiero, Abbate pone come suo primo spunto di riflessione il concetto di «Iperoggetti» (Timothy Morton, 2018) che mette in crisi e problematizza le tradizionali categorie di interpretazione della realtà, ponendo al centro il principio della complessità e dell’interrelazione.

La pratica relazionale di Maria Giovanna Abbate si inserisce nelle strutture consolidate dei sistemi economici-sociali che l’autrice sceglie di indagare, producendone in questo modo una visione “dall’interno”, un’osservazione attiva ma al contempo distaccata, in grado di generare interpretazioni differenti dallo standard riconosciuto. Attraverso il principio dell’esperienza, l’artista propone modelli di scardinamento e di disturbo di ciò che è consolidato; tale attitudine, oltre a inserirsi in una pratica ben definita da artisti del passato, si modella su tendenze internazionali più contemporanee.

A partire da tali riflessioni, Maria Giovanna Abbate è impegnata in un progetto ongoing dal titolo Negoziare la mia morte. L’artista ha avviato la prima fase di “negoziazione” nel dicembre 2023, attraverso l’invio di una e-mail a diverse istituzioni artistiche, come musei, gallerie e fondazioni attive a Napoli, chiedendo loro di essere ospitata – di trovare asilo e dunque di poter ricevere sostegno – per un tempo minimo di 24 ore. L’artista ha così collezionato lo scambio epistolare e tutte le risposte, e le mancate risposte, realizzando una mappatura fisica e sentimentale del viaggio intrapreso nelle maglie del sistema dell’arte napoletano. A partire da questa prima parte del progetto, Abbate ha raccolto e prodotto una serie di video, diari, disegni e immagini che riescono a testimoniare e al contempo trascendere l’esperienza.

Maria Giovanna Abbate è una giovane artista che propone un lavoro originale e di grande interesse critico. La sfida per l’artista è concretizzare e formalizzare sempre di più i suoi progetti e le sue ricerche, soprattutto grazie alle occasioni espositive che le si prospetteranno.

L’attitudine alla ricerca e alla partecipazione, alle dinamiche sociali, comunitarie e politiche che sottendono i sistemi indagati dall’autrice, descrivono in Maria Giovanna Abbate la capacità di produrre opere consapevoli e mature che proiettano l’artista in una sempre maggiore crescita contenutistica e formale.

 

Foto di Alessio Policoro
Foto di Paride Ragozzino