Piero Golia

Napoli 1974
Vive e lavora a Los Angeles
Studio visit di Alessandra Troncone
6 giugno 2024

Piero Golia è tra i pochi artisti italiani ad avere una presenza espositiva continuativa negli Stati Uniti, dove vive ormai dal 2002. Nel 2005 ha fondato con Eric Wesley The Mountain School of Arts, che propone un modello educativo alternativo a quello delle grandi università nordamericane, impostato sulla costruzione di una comunità e senza prevedere il pagamento di una retta.  Sin dai primi anni Duemila è stato presente in rassegne internazionali, tra cui la Biennale di Tirana (2001), la Biennale di Praga (2003), Performa a New York (2005). Nel 2013 ha esposto al Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Tra le mostre personali più recenti figurano quelle del 2020 alla Fondazione Roma e alla Gagosian Gallery a Londra, nella sede di Britannia Street.

L’ironia spiazzante, associata a un senso dell’assurdo e a una profonda riflessione sul tempo, sono tratti distintivi del suo lavoro, che si muove tra i media e i linguaggi più disparati. Nonostante la forte componente intuitiva, non vincolata a temi o ricerche prestabilite, ogni suo progetto prevede una lunga gestazione, misurata anche sulle difficoltà logistiche di realizzazione che spesso le sue idee mettono in campo. Si pensi a It takes a nation of millions to hold us back (2003), dove ha rimosso la facciata di una tipica casa olandese per installarla in una galleria parigina, o a The Painter (2017), un robot in grado di creare forme artistiche rilevando i flussi di presenza nello spazio che condivide con il pubblico. “Trickster dell’arte contemporanea”, come lo ha definito Andrea Bellini, alludendo a creature mitologiche esperte nell’inganno al fine di sovvertire i sistemi di potere, Golia adotta pratiche di matrice concettuale per proporre una sofisticata parodia della realtà, che travolge anche la stessa figura dell’artista. Celebri sono le sue endurance performances, come quella in cui èrimasto aggrappato a una palma fin quando una sua opera è stata acquistata (On the edge (Sulla cresta dell’onda), 2000) o quella in cui ha raggiunto l’Albania a bordo di una canoa, proponendosi di fare la tratta inversa a quella dei migranti clandestini (Going to Tirana, 2001). Tra il 2015 e il 2016 ha dato vita, con l’architetto Edwin Chan, a Chalet, un club animato da serate-evento dal sapore dada di cui resta una memoria quasi leggendaria.

Nei lavori più recenti, la dimensione temporale ha assunto un peso ancor più rilevante: la cattura del lampo di un fulmine sulla pellicola 35mm, il vaso che esplode ciclicamente nella mostra di Londra, la scritta “The End” composta a suon di martelli pneumatici sul pavimento della Fondazione Roma ne sono esempi emblematici.

Nonostante l’apparente leggerezza e la dimensione spesso effimera, l’opera di Piero Golia è pervasa da un’idea di monumentalità: gli interventi dell’artista mostrano infatti la tendenza a sottrarsi allo scorrere del tempo per farsi immanenti al tempo stesso. Parallelamente, in molti dei suoi lavori è presente una riflessione sul rapporto opera-pubblico, che si interroga su quanto ciascuno dei due termini sia in grado di determinare la stessa esistenza dell’altro.

Il nostro studio visit in collegamento Napoli-Los Angeles è in realtà un viaggio guidato dalle bozze di un libro d’artista in corso di pubblicazione, nel quale immagini di opere anche lontane nel tempo si susseguono senza rispettare un ordine cronologico. Attraverso lo scorrimento delle pagine è facile percepire – grazie soprattutto alla sua capacità di storytelling – un filo narrativo molto stretto tra le sue opere, arrivando a vedere i progetti degli ultimi quindici anni come tasselli di un complesso, ma organico, quadro generale. Tra le opere più recenti figurano quelle presentate alla mostra inaugurale della Fondazione Berggruen a Venezia, tra cui Untitled (Floor) che vede un pavimentista stazionare inattivo sui materiali da costruzione che serviranno a completare un terrazzo alla veneziana al termine della mostra. É inoltre in programma per l’autunno del 2024 una mostra a Colonia alla galleria JUBG, dove Golia presenterà un’opera di nuova produzione.

La componente ironica, con qualche picco sensazionalistico, che attraversa buona parte dei suoi lavori, potrebbe far sì che non lo si prenda troppo sul serio; ma in fin dei conti tutto risulta parte di un piano: utilizzare parodia e paradossi come grimaldelli per aprire casseforti dal contenuto inaspettato (Faccio sul serio è il titolo di un’opera al neon del 2002, con lettere percorse dall’alta tensione).

Proprio per la sua franchezza, l’arte di Piero Golia è in grado di affascinare un pubblico molto eterogeneo e di guidarlo in piccoli esercizi di sovversione della realtà, nascosti dietro un calibratissimo show, che mostra una profonda conoscenza del sistema dell’arte e dei suoi meccanismi.  

Foto di Lucy Dawkins
Foto di Jeff Wall