Francesco Paterlini

Desenzano del Garda 1987
Vive e lavora a Brescia
Studio visit di Edoardo De Cobelli
24 maggio 2024

Francesco Paterlini è uno scalatore e uno scultore. Conosce bene la roccia, soprattutto quella calcarea e sedimentaria, che dalle Orobie lombarde arriva al suo studio, dove la scolpisce e la scalpella come un artista d’altri tempi. Grandi blocchi si trasformano gradualmente in sculture di tempietti votivi, il soggetto che negli ultimi anni ha contraddistinto la sua pratica d’artista.

Dal taglio allo scalpello emergono porte, accessi, scalini e figure che si esprimono nella definizione dei dettagli e dentro a forme architettoniche in scala. Se la dimensione architettonica del luogo scolpito è tempio e casa, sacro e materno, l’ingresso è l’elemento fondante dell’ascensione, la via d’accesso all’io, all’aldilà e alla dimensione privata dell’interiorità. Come dice Aby Warburg ne Il rituale del serpente: «Per chi voglia raffigurare simbolicamente il divenire, le salite e le discese della natura, gradini e scale rappresentano l’esperienza primigenia dell’umanità». Paterlini declina ogni volta l’ingresso in modo differente, e diventa l’elemento cardine intorno al quale costruisce la dimensione narrativa della scultura, l’interno che viene naturale provare a sbirciare.

L’accogliente ma modesto studio dove lo incontro è destinato a cambiare a breve in uno spazio molto più grande, leggermente fuori dal centro di Brescia. Pietre e colonne occupano in questi ultimi giorni spazi interni ed esterni dello studio che fatica a contenere le materie prime e gli attrezzi. La pietra, lasciata talvolta volutamente all’aperto, si arricchisce di muschi e colori che la trasformano in un oggetto mutabile come il sedimento che la compone, che nel corso della sua esistenza è stato organismo vivente e fondale marino. I templi si sfumano di verde, un colore che perdono rimettendoli in un luogo asciutto.

Pur nella loro ridotta dimensione, in quanto architetture, le sculture riprendono la monumentalità dei luoghi di culto e la ieraticità che li caratterizza, senza tuttavia privilegiare alcuna forma di religione. È una religione interiore quella che sembrano evocare, che si perde nell’indefinito orizzonte cronologico del sacro e dell’ancestrale. L’artista ricerca le manifestazioni e l’espressione della nostra attrazione per la trascendenza e l’immortalità, un terreno sempre più raramente affrontato dagli artisti contemporanei, quantomeno in maniera diretta, come questione fondamentale della propria ricerca.

I tempietti non sono l’unica serie di opere immaginata da Paterlini. In occasione della sua personale a Spazio Contemporanea, l’artista ha realizzato una grande struttura di argilla cruda, traslando la riflessione sull’accesso a uno spazio altro nella dimensione e proporzione del reale.

Da qualche tempo, in stretta collaborazione con lo studio Associates Architecture, sta inoltre concludendo due progetti scultorei. A Dossena, un intervento sul monumento dedicato ai minatori, immaginato su un masso residuale dall’attività di estrazione del materiale edile. All’interno del Parco delle Cave di Brescia, aprirà a breve un padiglione polifunzionale sostenuto da blocchi di pietra che conferiscono ad esso un aspetto megalitico e di cui uno è scolpito dall’artista.

La pratica di Paterlini non corrisponde forse a una ricerca artistica capace di interpretare – o piuttosto a soggiogare, a proprio vantaggio – i temi ‘caldi’ del presente. Non si cura delle tematiche di attualità che attraversano questo decennio e non adotta nemmeno un approccio artistico particolarmente flessibile, che si adatti cioè agli spazi espositivi in un’ottica site-specific, come ormai richiesto dalle aspettative curatoriali.

Proprio qui sta, tuttavia, la coerenza e la forza della sua ricerca, che si richiama alle domande che da sempre attraversano tutte le forme d’arte fin dalle scritture rupestri. Paterlini persegue la sua ricerca, risollevando i quesiti che non hanno smesso di interrogare l’uomo nel tempo: domande di perenne attualità nonostante l’attualità.