Teresa Antignani


Isernia 1991
Vive e lavora a Presenzano
Studio visit di Elisa Carollo
2 maggio 2024

C’è una forza primordiale che anima il lavoro di Teresa Antignani, un’energia femminile antica incanalata in opere che denunciano la tragedia ambientale e le sue ripercussioni sul corpo reale delle persone.

Partendo dall’impegno di giovane attivista e dai suoi studi all’Accademia di Brera, Antignani si è dedicata negli ultimi anni a un progetto stratificato, Martyrium, sviluppato in collaborazione con Sara Terracciano. Muovendosi tra performance e fotografia, esplora i simbolismi legati all’idea di martirio per contestualizzarli nella realtà specifica dei territori marginali del Mezzogiorno, vittime di uno sregolato sciacallaggio di colossi industriali, di innumerevoli discariche abusive, inquinamento delle risorse e conseguenti malattie, deformazioni e morte infantile. Partito dal paese dove vive, Presenzano, contro la centrale Edison, il progetto è passato raccontare tutte le lotte ambientaliste dell’alto casertano, dell’agro Caleno arrivando al cuore della terra dei fuochi. Portando direttamente sui cantieri queste azioni di resistenza al femminile, l’artista ne dà una traduzione poetica, accompagnata da ricerche d’archivio sui dati raccolti dalle associazioni coinvolte. In questo modo il progetto documenta le reti di lotte femminili che portano all’attenzione dell’opinione pubblica l’impegno contro i colossi industriali.

Teresa sceglie di utilizzare un linguaggio trasversale, che attinge a iconografie religiose, archetipi simbolici e riferimenti alla storia dell’arte, per parlare anche a coloro che sono al di fuori del sistema artistico. In particolare, l’artista adotta riferimenti alle sante martiri cristiane, come sant’Agata, per creare forti immagini simboliche che correlano martirio e biocidio, mutilazione corporea e violenza territoriale. Al centro, la relazione tra corpo e ambiente e, in particolare, il corpo femminile come cassa di risonanza del dramma ambientale e sociale in corso e come elemento di resistenza: una resistenza che connette donne di diverse generazioni a favore di una lotta non violenta per proteggere la propria terra, i propri figli, da logiche di estrattivismo patriarcale. In questo modo, il progetto diventa anche processione, via crucis, e piattaforma di scambio e costruzione di consapevolezza attraverso simboli accessibili a tutti.

Per la Biennale di Malta l’artista ha lavorato a un’opera nuova, ispirata questa volta dal contesto economico e sociale dell’isola: al centro, la tragedia di Jean Paul Sofia, vittima delle condizioni di lavoro nei cantieri di Malta legati al recente boom di investimenti e speculazioni immobiliari. Traendo ispirazione, sia nella composizione che nelle scelte cromatiche, dalla Deposizione dalla croce di Rosso Fiorentino e dalla drammaticità dal dolore di una madre che ha denunciato tutto ciò nella sua testimonianza, il Cristo del dipinto viene estratto dalle macerie di un cantiere e diviene donna, in un compianto di madri e figlie del mediterraneo che assistono a questa strage ambientale e umana.

Durante i giorni dell’inaugurazione l’artista ha anche realizzato una performance: un lamento antico accompagnato dal veemente sbandieramento di uno stendardo ricamato da una comunità di matriarche della sua terra e dedicato ad Albanova, come utopia di un possibile risanamento del Sud (di Italia, del Mediterraneo, del Mondo).

Questa dimensione anche vernacolare della pratica di Antignani rischia talvolta di allontanarla troppo dall’estetica dominante oggi nel panorama del contemporaneo, relegando la sua opera a una circolazione molto locale, nonostante l’ampia rilevanza dei temi trattati e un linguaggio che l’avvicina, ad oggi, ad artiste attive nel Sud America ─ penso in primis alleopere dell’artista messicana Tania Candiani. D’altra parte, è forse proprio questo attingere a un lessico visivo popolare che rende la sua arte accessibile anche a pubblici altri. L’arte di Antignani pare trovare la sua rilevanza nel portare avanti una resistenza non violenta del tutto femminile, facendo delle sue opere un veicolo per la lotta ambientale e rinnovando così il fondamentale valore ritualistico, etico e politico dell’arte. Un invito poetico al risveglio delle coscienze a partire da un immaginario simbolico che l’arte può creare, dando al contempo legittimazione a storie territoriali soppresse che difficilmente vengono ascoltate.

Foto di Julian Vassallo