Marco Pariani

Busto Arsizio 1986
Vive e lavora a Brooklyn
Studio visit di Elisa Carollo
22 dicembre 2023

Marco Pariani è uno di quegli artisti italiani che ha cercato e trovato all’estero una piattaforma di sviluppo per la propria carriera. Cresciuto nell’hinterland milanese, dopo gli studi all’Accademia di Brera e le prime esperienze perlopiù deludenti sul suolo nazionale, Pariani ha poi deciso di rischiare ed è riuscito a trasferirsi stabilmente negli States, dove ha trovato il suo vero riconoscimento. Qui è stato infatti notato dal gallerista e collezionista John Cheim, coproprietario della galleria Cheim&Read, che l’ha poi introdotto nel suo circolo, portando progressivamente l’arte di Pariani a un apprezzamento internazionale e a quotazioni che pochi artisti italiani della sua generazione hanno raggiunto.

Come lui stesso ammette all’inizio del nostro incontro nel suo studio a Bushwick, Brooklyn, la sua pittura si focalizza sul momento, tradotto tramite l’immediatezza del gesto e del segno. Nel suo approccio alla pittura non c’è alcun intento narrativo o figurativo, solo un rapporto diretto con la tela e la materia pittorica, in un’esplorazione delle infinite possibilità di relazione fra forma e colore. La pittura di Pariani è, infatti, innanzitutto fisica, più che mentale, e questo approccio è per l’artista anche uno strumento di volontaria emancipazione da ogni codice tradizionale, per trovare un linguaggio del tutto indipendente. Tale allontanamento dalla tradizione si lega concettualmente ed emotivamente anche alla necessità di allontanarsi dall’Italia e dalle tracce di una tradizione artistica disseminate pressoché ovunque, per passare a un contesto completamente diverso, come quello dell’estetica industriale di Brooklyn. Sebbene l’artista prenda le distanze dalla classificazione di street art, è chiaro come il suo linguaggio abbia assorbito molti di quei segni disseminati nel quartiere fra muri e veicoli.

Al momento della nostra visita l’artista stava lavorando a un nuovo gruppo di opere destinate alla sua personale a New York. Nel mostrarmi le varie tele presenti in studio a diversi livelli di lavorazione, l’artista mi ha accompagnato nella comprensione del processo di formalizzazione dei suoi lavori. Capisco che in realtà vi coesistono due ritmi, un po’ come in un componimento musicale: la preparazione della tela prevede infatti un andamento lento, in un laborioso accumulo di strati di gesso e acrilico che può durare settimane e con cui l’artista crea la superficie di azione, connettendosi fisicamente e in modo profondo a essa. A questo segue poi un adrenalinico sprigionarsi istintuale dell’immaginario riversato sulla tela con masse di colore acrilico che si sovrappongono, si intersecano e vengono poi attraversate da altrettante tracce di movimenti di spray.

Al contempo, è interessante notare come questa vitalità segnica e cromatica sia poi rigorosamente contenuta all’interno di una sorta di rettangolo, in una regola autoimposta che finisce di condensare il caotico accumulo di masse e tracce cromatiche in una zona centrale di intensa vibrazione, che va allo stesso tempo a nutrire e a dissolvere ogni riferimento formale specifico in una continua tensione fra figurazione e astrazione, finito e non finito. Le forme esistono in un limbo, in cui l’artista si pronuncia fra spazio e colore in potenza: la pittura di Pariani è, infatti, materia che rimane in ebollizione, come una massa magmatica di suggestioni e sensazioni che lasciano all’osservatore ogni tentativo di decodificazione razionale e di interpretazione.

Nonostante questo rifiuto di ogni interpretazione letterale, alcuni moodboard alle pareti rivelano in realtà come di base ci sia un immaginario che lo ispira e che trae nutrimento da un vasto repertorio di immagini e screenshots afferente a una cultura del consumismo americano che spesso spinge il senso estetico al paradosso.

Possiamo così comprendere come, resistendo alla familiarità e alla coerenza dell’immagine, la pittura di Pariani possa essere letta anche come un atto di resistenza non solo alla tradizione alta dell’arte, ma anche alla banalità e al cattivo gusto di molta della cultura visiva legata al materialismo e al consumismo che domina lo scenario urbano americano.

Nello scenario contemporaneo, la pittura di Pariani si pone con estrema consapevolezza in un’interessante posizione di resistenza sia ai codici tradizionali che a quelli attuali della cultura visiva, rendendo unico il suo linguaggio pittorico. D’altra parte, le fonti che ispirano e nutrono questa esplorazione di forma e colore, racchiudono in realtà un interessante commento non solo estetico, ma anche politico sulla società di oggi e sui metodi di comunicazione e rappresentazione.

Allo stesso tempo, questa continua lotta fra figurazione e astrazione vive in un delicato e rischioso limbo fra equilibrio estetico e caos, in una pittura spesso dissonante, che preclude molti degli elementi che permettono un’agevole familiarizzazione e apprezzamento del pubblico.