Edoardo Caimi

Milano 1989
Vive e lavora a Lodi e a Milano
Studio visit di Edoardo De Cobelli
17 dicembre 2023

Edoardo Caimi si avvicina all’arte attraverso la cultura rave e i graffiti. Negli anni, si allontana dalla visione più comune attribuita alla pratica del graffitismo, ma questa rimane ben presente nel suo modo di lavorare, nella relazione con il contesto urbano e i materiali di utilizzo. L’artista mantiene un rapporto diretto con la ruvidezza degli oggetti recuperati, dagli strumenti arrugginiti del lavoro nei campi a quelli da lui stesso bruciati, presenti nello studio di Lodi. Molti dei materiali che compongono le sue opere provengono, infatti, da ricerche in luoghi abbandonati, in particolare le fabbriche che si ergono come templi di cemento nelle pianure del lodigiano, dove è cresciuto, e dall’esplorazione di ambienti naturali.

Ogni elemento ha una storia che risalta e allo stesso tempo si fa più opaca nel momento in cui viene alterato dall’artista. Scarti industriali e materiali organici vengono uniti nella creazione di oggetti che si ispirano a una dimensione arcaica e primitiva, ai quali l’artista infonde una funzione sciamanica. Pile di pneumatici, forconi, bastoni, terra, elementi metallici entrano a far parte della cosmogonia di segni dell’opera, pur senza un sistema prestabilito. Melancony Object / Home Smell, ad esempio, è un totem costituto da una marmitta, avvolto da una collana di ossa e mandarini carbonizzati. Il collo della marmitta accoglie, come una coppa, cenere e terra prese nel bosco dietro la casa in cui l’artista è cresciuto da bambino ─ da cui il titolo. L’opera non ha in realtà odore, se non quello del ricordo d’infanzia.

La valenza che assume la dimensione arcaica, nella ricerca di Caimi, è più vicina al nesso mitico-rituale che a un universo prettamente magico o simbolico. Le opere non ricreano sistemi di valore, ma il sentire dell’oggetto nella dimensione tribale dimenticata nella società consumistica. Caimi respinge il carattere moderno degli oggetti e reimmagina il legame con la funzione d’essere della scultura-idolo. È una dimensione narrativa che ricorda la condizione primaria del survivalismo, quella da lui esplorata, che si lega alla sensazione della catastrofe che si percepisce incombere sui nostri tempi.

La pratica di Caimi testimonia il desiderio, proprio di sempre più artisti, di allontanarsi dalle strade battute nella contemporaneità e dalla simbologia moderna, per ricercare un significato di senso nel ‘non’ contemporaneo. La speculative fiction di Donna Haraway, l’interspecismo, il non umano e il mito, molto presenti nell’ultima Biennale di Venezia, sono alcuni ulteriori esempi. Al contrario della fiction, tuttavia, la pratica di Caimi non ha in sé elementi di escapismo come emancipazione dal presente, ma piuttosto di ritorno alle origini, reale e materiale.

Nell’ultimo anno, Edoardo ha cercato di integrare la dimensione sonora nella pratica artistica. Nell’opera HOW TO DISAPPEAR, realizzata durante la residenza presso AN/CO (Ancona), una cassa troneggiava camuffata tra pile di pneumatici, come una sorta di totem sonoro. L’accompagnamento con la chitarra elettrica è inoltre diventato parte di alcuni momenti performativi sperimentali.

L’uso di oggetti comuni, anzi scarti e objets trouvés, spesso utilizzati come readymade, può essere una scelta rischiosa: la storia dell’arte, infatti, ha visto moltissimi scarti industriale diventare strumenti di programmatici assemblaggi che oggi, ma questo d’altronde è il rischio dell’arte, possono sembrare ridondanti.

Invece, proprio nella semplice disposizione di alcuni lavori di Caimi, è possibile rintracciare geometrie di una essenzialità estrema, tutt’altro che ridondante.