Hermann Bergamelli

Bergamo 1990
Vive e lavora a Bergamo
Studio visit di Edoardo De Cobelli
19 settembre 2023

Lo studio di Hermann Bergamelli è la sua casa, un appartamento accogliente situato in una via centrale di Bergamo. Le piante coprono le pareti tanto quanto le opere, e il resto se lo prendono i libri. Gli strumenti di lavoro sono nascosti in uno stanzino, in fondo all’appartamento, che rivela pigmenti, tessuti, macchine da cucire e stracci imbevuti di colore a olio.

La sua pratica si muove tra opere scultoree e bidimensionali, ma la sfida alla base della sua ricerca è rivolta a quell’orizzonte potenzialmente infinito delimitato da una cornice, un bordo, un limite che designa un campo di azione. Quello spazio, sia per l’indole combattiva di Bergamelli che per le sfide che si pone oggi l’artista di fronte alla tradizione, è oggetto di una costante e silenziosa guerra privata, per quanto le opere, una volta finite, non lo mostrino affatto. Alle pareti ci sono tele della serie Stratificazioni, dove pezze strappate di tessuto recuperato compongono un’armonica e fitta sovrapposizione. Le opere sono una sintesi di trame nate da un gesto, lo strappo, che si presenta come atto performativo ma si risolve in un oggetto esteticamente piacevole, quasi rasserenante. Lo stesso si potrebbe dire della serie nata dalle morse da lavoro, strumenti apparentemente grezzi nella loro condizione d’uso, la cui grazia si mostra in quanto sculture.

Negli ultimi due anni, l’artista si è rivolto alla pittura a olio, presentata nella recente mostra Valgua presso la galleria A+B. Dopo mesi di ricerca e sperimentazione, la serie che è nata emerge, ancora una volta, dal gesto: la pittura viene applicata e sottratta più volte, rivelando un ordito proprio tanto della trama sottostante quanto degli strati di olio rimasti. È una superficie piatta ma inaspettatamente profonda che ricorda, a partire dal colore blu dominante, la morfologia di profondità marine o di rilievi montuosi.

Di fronte a un secolo di tradizione pittorica di matrice astratta, Hermann Bergamelli è uno degli artisti italiani che meno si lascia scoraggiare dal medium e anche uno dei più capaci a ottenere qualcosa di non abituale, senza la sovrabbondanza di pigmenti e colori che l’astrazione spesso porta con sé ma, al contrario, seguendo un principio di sottrazione.

Dopo i toni di verde, blu e viola che creano le combinazioni di strati pittorici finora realizzati, Bergamelli sta ora sperimentando diverse combinazioni e nuovi pigmenti all’interno della ricerca a olio, iniziata solo due anni fa. Una ricerca, dunque, potenzialmente agli inizi.

L’artista, parlando del suo lavoro, sottolinea fortemente la natura fondante del gesto come atto performativo, come se avesse paura della prevaricazione della dimensione decorativa su quella della ricerca, arrivando talvolta quasi a negare quest’ultima. In realtà, non è necessariamente un male che le opere nascondano l’operazione che le ha generate. La potenziale contraddizione tra le premesse teorico-analitiche e l’estetica rischia di creare delle discrepanze tra ciò che dice l’artista e ciò che vede l’osservatore. L’ultima serie, dove lo straccio toglie fisicamente strati di pittura, trova invece un maggior equilibrio tra intenti, resa estetica e narrazione gestuale. Benché invisibile – non c’è traccia del movimento – l’atto definisce direttamente la composizione astratta, risultato del gioco di interazione tra superficie e materia.