Marta Pierobon

Brescia 1979
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Marco Scotti

Quello di Marta Pierobon è un immaginario fatto di storie sospese in una realtà indefinita, un mondo che ha l’artigianalità come filo conduttore. La incontriamo nel suo studio a Milano, tra Bullona e Ghisolfa, uno spazio nascosto tra cortili e palazzi che si apre come un repertorio di forme e immagini, frammenti di un immaginario personale. «Io arrivo dalla pittura, lavoro tantissimo con la ceramica oggi, ma ho iniziato con terra cruda e resine». Il salto da un procedimento che escludeva completamente – e consapevolmente – il forno fino alla passione per le tecniche esplorate oggi è parte di un percorso alla ricerca di una precisa plasticità. «L’argilla è ideale per me, ma inizialmente avevo un problema con i tempi della cottura e soprattutto con la perdita di controllo sul lavoro durante la cottura». Così la ricerca di Pierobon è iniziata con un lavoro esclusivamente sulla terra cruda ricoperta di superfici di resina, spesso unita ad altri materiali e a colori spray per ottenere consistenze e strutture plastiche, e prima ancora con l’argilla, affiancata a foglia d’oro e di rame, poliuretano, legno… «Una ricerca costante sulla commistione tra materiali è sempre esistita nel mio lavoro, e continuerà a esistere. Da tre anni mi sono focalizzata sulla ceramica ma ora sto già sperimentando accostandola alla cartapesta, un altro procedimento che detta le tempistiche a cui bisogna sottostare». La materia come punto di partenza per la costruzione di un linguaggio. «Ora è l’imponderabile, oltre ai tempi e alle attese, quello che mi interessa. Tutto quello che non volevo prima è diventato centrale». A questo Marta Pierobon affianca un interesse per l’errore e l’imperfezione, per una certa brutalità. «È l’aspetto più viscerale del mio lavoro, che convive però con un’estetica molto precisa. Ci sono tre elementi che tornano spesso, le mani, gli occhi e le lingue. Tre parti del corpo che corrispondono anche agli strumenti che uso per lavorare. E già la mia prima ceramica era un autoritratto, in cui era presente il tema del vuoto, del contenitore». Nella mostra Il rituale del serpente. Animali, simboli e trasformazioni, curata nel 2021 da Viola Emaldi e Valentina Rossi a Bagnacavallo, la “famiglia” di sculture Creature manine (2021) era installata in una grande stanza deserta, dove i singoli pezzi erano – come spesso accade – raccolti in gruppi e messi in rapporto rispetto alla loro scala. Quella della mano è un’iconografia ricorrente nel lavoro dell’artista, e lo studio di questo soggetto declinato in differenti configurazioni spaziali porta alle più recenti Grotto Hands, serie di sculture che alla ricerca formale uniscono un lavoro sui volumi. Sono lavori che vedono anfratti svilupparsi all’interno della struttura in argilla, sotto le superfici di smalti: «queste sculture non sono più creature, diventano luogo, e la grotta ha a che fare con l’uomo in senso ancestrale, senza perdere un legame con il contemporaneo». Ulteriore evoluzione sono le Architetture manine, una serie che riprende il rapporto con l’architettura e il progetto, con Milano, la città in cui Marta Pierobon da qualche anno ha scelto di vivere: la rappresentazione delle dita diventa struttura e il mondo arcaico naturale sembra venire sempre più razionalizzato. «Rimane anche un aspetto legato al gioco, che è un aspetto che mi appartiene molto».

C’è una continuità nel suo percorso, all’interno del quale serie e lavori sono intervallati da pensieri, «che non devono per forza avere un arrivo, ma siano semplicemente un gesto». Gesti che possono dare vita a nuove linee di ricerca oppure rimanere come in un archivio per anni. «Quando sento che un lavoro lo padroneggio troppo, che diventa troppo facile realizzarlo e sono diventata troppo veloce a produrlo, ho bisogno necessariamente di evolvere, di occuparmi di qualcosa d’altro. Non appartengo a quella categoria di artisti che lavorano tutta la vita su una sola ossessione». Un’altra linea che corre in parallelo è quella dei disegni, un gioco di rimandi continuo con la scultura. Il filo conduttore di una dimensione intima e personale attraversa Sleepless Stories, un libro d’artista pubblicato nel 2021 da Studio Boîte e composto da 90 disegni, con un’introduzione di Alessandro Pessoli. «Nella mia testa è una raccolta di racconti brevi, da cui emerge un mondo, il mio surrealismo domestico».

foto di Laura Majolino
foto di Laura Majolino