Giulia Cotterli

Latina 1994
Vive e lavora a Torino
Studio visit a cura di Francesca Disconzi e Federico Palumbo (Osservatorio Futura)

Giulia Cotterli studia all’Accademia di Belle Arti di Urbino e successivamente si trasferisce a Torino. Essendo nata in una piccola città, la sua curiosità di fondo verso il mondo culturale la spinge a compiere diversi viaggi verso la vicina Capitale. Latina porta con sé una serie di ricordi legati a un passato personale pesante: la separazione dei genitori e l’abbandono da parte di suo padre sono accadimenti traumatici che, dopo un’iniziale rimozione, tornano prepotentemente alla memoria, per essere successivamente sublimati nell’intervento artistico. Si tratta di un percorso di transizione di cui assume consapevolezza dopo la lettura del libro Distruzione del padre. Ricostruzione del padre di Louise Bourgeois, suggeritole da Pellegrini, suo docente in Accademia. Qui, Cotterli trova l’incipit necessario per trasformare il suo microcosmo personale in spunto per l’universale. Da questo momento parte, per l’artista, un percorso, sia tecnico che tematico, che la porta ad approfondire il concetto di memoria (No One Know where It’s Gone, 2019). Questa, con i suoi meccanismi e funzionamenti fisiologici, è inizialmente un elemento che l’artista indaga, per diventare successivamente pozzo dal quale attingere senza più necessità di avere riferimenti esterni. In questa fase, che continua tutt’ora, l’artista abbandona qualsiasi appiglio con l’esterno in un percorso inizialmente timido e lento, ma indubbiamente terapeutico, in cui il ricordo è pretesto per raccontare storie, con l’aiuto dell’immaginazione che colma i vuoti dell’irrisolto e del rimosso (Favole della buonanotte raccontate a mio padre. Il concepimento, 2020). A livello tecnico, il disegno è punto di partenza ─ e spesso di arrivo ─ presente in tutti i suoi lavori, a prescindere dal medium utilizzato. La produzione di Cotterli spazia tra il video, la scultura (spesso in relazione al cucito) e l’installazione, con il fattore comune e riconoscibile di un tratto infantile e immediatamente riconducibile al resto del suo lavoro. In questo processo assume un ruolo fondamentale la scrittura, che è parte integrante e istintuale nella genesi del lavoro.

Il ruolo di Cotterli nel panorama contemporaneo può essere trovato proprio nel passaggio a doppio senso tra l’universale e il particolare. Esso diventa spunto per un approccio più empatico che mette il fruitore nella posizione di poter accettare l’arte come un processo terapeutico, libera e liberatoria, volta a ricostruire un passato che può essere sublimato tramite un’immaginazione catartica e rivelatrice. Inoltre, vi è una particolare attenzione al tema dell’identità: essa si formalizza nell’autoritratto o nel ritratto delle persone che hanno fatto parte della sua infanzia o che partecipano, direttamente o indirettamente, al suo presente. Attualmente Cotterli sta lavorando ad alcuni progetti collettivi e a una mostra personale. Questi appuntamenti diventano occasione per spostare il focus dalla parte assente della sua famiglia, cioè quella paterna, alla figura della madre e quella porzione di albero genealogico. Per l’occasione, anche la scelta del medium è emblematica: vi è un ritorno graduale della tela, utilizzata alla stregua del foglio di carta, in grado di restituire una maggiore forza al tratto e al colore, oltre che al senso di intimità tipico del suo lavoro (Favole della buonanotte raccontate a mio padre. L’albero genealogico, 2023).

Ragionando insieme all’artista su possibili criticità e/o elementi ancora non del tutto risolti, un possibile punto di debolezza della sua ricerca risiede nella scelta della tematica: parlare di una realtà così personale potrebbe, sul lungo periodo, non suscitare un interesse reale da parte del fruitore o, all’opposto, alimentare una curiosità morbosa e voyeuristica fine a sé stessa. Un punto di forza, invece, lo attribuiamo sicuramente alla totale genuinità del lavoro proposto, valorizzata dalla scelta di mettersi in gioco (e metterci la faccia) affrontando temi così intimi. Si tratta di un lavoro non schiavo di forzature esterne, che trae forza dalla mente dell’artista stessa che, di volta in volta, ricrea scenari immaginifici completamente diversi. Infine, il passaggio da un medium all’altro, senza alcun cambio di stile evidente, risulta essere per noi un ulteriore tratto distintivo vincente.

foto Davide D’Ambra
foto Davide D’Ambra