Collettivo nato a Parigi nel 2004 e composto da Fulvia Carnevale e James Thornhill
Ha sede a Palermo
Studio visit di Nicolas Martino
21 ottobre 2023

Il collettivo è ispirato nel nome, ma non solo, al più famoso tra i ready-made di Duchamp e a una famosa marca francese di quaderni scolastici. Lo studio visit precedente era stato effettuato da Daniela Bigi che giustamente aveva sottolineato l’importanza della critica all’autorialità. E in effetti Claire Fontaine, usando la tecnica del détournement di derivazione situazionista, si inserisce in quella critica radicale della funzione-autore che, passata negli anni Sessanta attraverso Foucault e Barthes, avrebbe poi costituito un tratto essenziale e, al tempo stesso, ambivalente del sistema produttivo neoliberista nato dopo la fine della società industriale. Tra potenza dell’intelligenza collettiva e messa in comune dei saperi, da un lato, e valorizzazione iper-narcisistica e neo-autoriale del sé, si consuma infatti la sopravvivenza del sistema culturale e artistico contemporaneo. Ne abbiamo avuto recentemente una prova in occasione dell’ultima edizione del Festival di Sanremo durante la quale Chiara Ferragni ha indossato un abito nato dalla collaborazione tra il collettivo e la maison Dior e che ha suscitato le rivendicazioni del legittimo ‘proprietario’ della frase “pensati libera”.

A caratterizzare, in sintonia con il lavoro di altri artisti internazionali e alcuni italiani, la pratica artistica del collettivo, è una solida formazione e produzione teorica, conosciuta anche, se non soprattutto, all’estero, che fa di Claire Fontaine un ‘dispositivo’ che lavora su più livelli: quello della produzione di opere (neon, video, scultura, pittura) e quello, appunto, della produzione saggistica (si segnala qui Lo sciopero umano e l’arte di creare libertà, DeriveApprodi, 2017) concentrata sul rapporto tra arte, filosofia e politica.

Inoltre, il duo è riuscito a conquistare il sistema dell’arte e, allo stesso tempo, ha mantenuto un’internità agli ambienti militanti, riuscendo così ad attualizzare la strategia del “dentro e contro” praticata, negli anni più caldi, da un certo marxismo creativo tipicamente italiano. Il rapporto tra arte e politica, insomma, non coincide con la marginalità o la ricerca di un “fuori” che non esiste più, ma al contrario, nella conquista del livello più alto della comunicazione per rovesciarne, contemporaneamente, il segno. Una lezione messa in opera e che fa di questa ‘artista ready-made’ una delle esperienze più interessanti nel panorama dell’arte “politica” contemporanea.

Recentemente Claire Fontaine ha vinto il premio Casoli per il quale ha realizzato, oltre all’installazione Il personale è politico, un workshop con le lavoratrici dell’azienda sui temi della felicità e del lavoro. E proprio questi sono anche alcuni dei temi – oltre a quelli già sondati della merce, del controllo, delle migrazioni, del rapporto tra i generi e delle forme di vita – che caratterizzano la produzione più recente che si trova in studio, in preparazione di prossime mostre. Order, per esempio, è un progetto sulla gig economy e i processi di gentrificazione urbana che, attraverso la riproduzione delle borse Glovo, che diventano sculture, indaga le dimensioni di questa nuovissima forma di estrazione di valore dietro cui si celano l’infelicità di chi è costretto a trasformare il suo lavoro in una gara alla Squid Game e la solitudine di chi, nella mancanza di tempo delle metropoli contemporanee, è costretto a ordinare. Un doppio legame che tiene insieme vittima e carnefice in un continuo scambio di ruoli. Un po’ meno recente, ma altrettanto potente, è la lightbox Untitled (Sermon to the Birds) che riproduce, fotografato e ingrandito, un dettaglio della Predica di San Francesco agli uccelli di Giotto. Lo stesso dipinto scelto qualche anno fa per la copertina del libro di Agamben, Altissima povertà, e che ricorda anche il richiamo finale a San Francesco nel libro Impero di Hardt e Negri. Ancora il lavoro, poiché gli uccelli, diceva San Francesco, sono inoperosi, ma ricevono tutto quello di cui hanno bisogno.

Pensando a questo episodio, che ripete quanto era già stato raccontato nel Nuovo Testamento sugli uccelli del cielo e i gigli nei campi, possiamo misurare tutta la distanza tra le nostre vite catturate nell’iperproduzione 24/7 e questo ideale rivoluzionario. Detto questo, forse sarebbe interessante se Claire Fontaine, per aumentare ulteriormente la potenza dei suoi temi, si misurasse ora con il mezzo cinematografico impegnandosi nella realizzazione di una serie TV.

Foto DDL Studio, Milano, 2023
Courtesy l’artista