Ambra Castagnetti

Genova 1993
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Marco Bassan
2 febbraio 2024

Il precedente studio visit di Elisa Carollo ha fatto emergere l’aderenza della pratica di Ambra Castagnetti ad alcune delle tematiche più urgenti della contemporaneità, insieme con la grande forza visiva e iconica. Il suo lavoro degli ultimi anni è in costante mutazione e questo è il motivo per cui interessante risulta tornare a occuparsene, anche con uno sguardo al contesto internazionale.

Selezionata da Cecilia Alemani all’interno del progetto Biennale College nel 2022, Castagnetti affronta temi che vanno dal post-umanesimo alla rivoluzione di genere passando per una rilettura, a tratti antropologica, del rapporto tra uomo e natura, con un focus particolare sulla forma del corpo umano.

Se la mostra Post-Human del 1992 ha anticipato molte di queste istanze, Castagnetti ne è eccellente interprete intersecando nella sua ricerca il lavoro di Matthew Barney, Patricia Piccinini, Andra Ursuţa e utilizzando l’arte come veicolo per l’auto espressione di genere e l’attivismo sociale. L’artista guarda con reverenza anche a Louise Bourgeois, per la sua capacità di portare forme umane e naturali all’interno di un reame fluido, mitologico e al di là del presente. Una visione non-antropocentrica del mondo che propone percorsi evolutivi alternativi, che potevano essere e che forse saranno.

Pensatori come Steiner, Jung e Powell, sono alla base di un immaginario ermetico che consente all’artista di operare con fluidità sull’inconscio collettivo, con processi di “auto-historia” o di “mito-biografia” del genere umano per tentare di immaginare di nuovo la cultura occidentale “petro-maschilista”.

La pratica parte da un approccio antropologico e ultimamente ha iniziato ad assumere connotati più spirituali: forme multitudinali che condividono la stessa sostanza, forme dinamiche che si compenetrano e in cui ogni elemento della vita dell’artista può diventare parte dell’opera in un intreccio di vita personale, pubblica e immaginaria.

La forza del lavoro di Castagnetti è nella capacità di trasmettere l’idea che la realtà non sia altro che un flusso continuo di forme e che la separazione tra le cose è meramente apparente. Una condizione umana dannata che ci impedisce di cogliere come lo scorpione, l’albero e l’uomo appartengono in realtà a un unico campo di azione. Questo pensiero viene portato all’estremo nel lavoro dell’artista includendo anche l’artefatto tecnologico in maniera simbiotica con le parti organiche umane e naturali rappresentate: la plastica, le fascette da elettricista e il petrolio non sono più uno scarto umano bensì una stratificazione che emerge dalla natura tanto quanto il favo delle api e possono eventualmente trovare un posto in questa visione olistica della realtà che ci circonda, in una ipotesi di post-sostenibilità.

Inoltre, le opere sono frutto di una comunità che circonda Castagnetti, calchi, scarti, esperienze di vita e dinamiche sociali entrano prepotentemente nel lavoro senza però snaturare la forza simbolica delle statue che si stagliano come una nuova mitologia futura e allo stesso tempo arcaica. Ogni calco è una rito, un atto psicomagico che ritrae persone vicine all’artista e che le iconizza in forme che assumono nomi e che si fondono con animali, alberi e materiali organici. Il cerchio magico di Castagnetti alimenta visivamente il suo lavoro e le permette di muoversi agilmente, come un pendolo, fuori dai corpi e dentro le sculture, tra l’individuo e l’ambiente, tra le visioni del mondo futuro e le esigenze impellenti di un presente opprimente.

Entrando nello studio dell’artista si viene accolti da un’atmosfera sospesa: musica e incenso avvolgono calchi, gessi e busti che rappresentano il cuore del lavoro ricombinato con oggetti, tessuti e materiali accumulati negli angoli dello studio. Il lavoro di Castagnetti ultimamente si sta concentrando sulla figura umana e animale a cui vengono innestati, come mutanti, elementi insoliti ma sorprendentemente familiari. Partendo da questa dimensione scultorea, si sta progressivamente spostando verso quella ambientale, progettando grandi installazioni che utilizzano lo spazio come palcoscenico per i suoi corpi per poter integrare elementi in grado di attivare lo spazio sensorialmente come musica bineurale e vibrazioni provenienti da grandi sound system presi in prestito dalla cultura rave.

Le opere di Castagnetti hanno una forte valenza simbolica, sia perché ciascuna di esse è un unicum, sia per la loro capacità di veicolare molteplici significati. Quando l’artista riesce a lavorare sui contrasti di forme e materiali le opere funzionano particolarmente bene, così come quando i soggetti sono figure umane o animali, lasciando intendere che una mutazione potrebbe essere avvenuta in autonomia. Altre volte invece le opere sembrano più artefatte, frutto di una composizione progettuale e con inserimenti troppo familiari per il visitatore, perdendo così quella forza misteriosa che caratterizza il suo lavoro. Se Castagnetti, come autrice, riuscisse a scomparire dal proprio lavoro e ogni opera sembrasse generata dallo scorrere del tempo e dalle stratificazioni organiche della natura, allora il suo lavoro potrebbe finalmente dirsi privo di autorialità, apparentemente auto-generativo e quindi completamente fluido.

Foto di Ester Borg