Agnes Questionmark

Roma 1995
Vive e lavora a New York
Studio visit di Alessandra Troncone
28 ottobre 2023

Il lavoro di Agnes Questionmark colpisce per la coerenza e l’aderenza ai grandi temi del nostro presente. Grazie a una formazione internazionale e una spiccata attitudine alla ricerca, l’artista si muove con consapevolezza tra riferimenti molto diversi, dalla letteratura di fantascienza all’ingegneria genetica, approdando a risultati formali che favoriscono il dialogo tra performance, installazione, scultura, video, disegno. Dal precedente studio visit emerge tale complessità, in particolare la propensione a ricorrere a varie forme di attraversamento (transgender, transpecies, transmediale) quali percorsi concorrenti a una nuova definizione dell’umano. Riproduzione, gestazione, parto sono fasi indagate e ripensate dall’artista in un’ottica che intende scardinare gli assunti biologici per aprirsi a nuove interpretazioni. Se una nuova specie è in procinto di nascere, è necessario seguirla sin dal suo stato fetale e accoglierne la sua venuta al mondo.

Nell’ultimo anno la ricerca di Questionmark ha acquisito una sempre maggiore visibilità sia nel contesto italiano che in quello internazionale: la copertina di «Flash Art», la partecipazione al Padiglione Italia della 14 Biennale di Gwangju, la long durational performance CHM13hTERT per Spazio Serra a Milano, le performance Attempt I a New York e Attempt II a Londra hanno contribuito a renderne riconoscibile il lavoro. I temi della sua pratica artistica si riallacciano alle ricerche su postumano e transumano che accomunano molti artisti della sua generazione, sia nel contesto italiano che in quello internazionale.

Il valore della ricerca di Questionmark risiede innanzitutto in una metodologia di indagine che pur procedendo per tentativi (Attempt è appunto il titolo che accomuna le sue ultime due performance) mostra solide domande di partenza. Pur guardando al futuro, i temi da lei affrontati portano alla luce nuove e vecchie battaglie per la conquista di diritti civili, evidenziando forti disparità ancora in atto e pericolose forme di regressione. Pur non avendo una connotazione manifestamente sociopolitica, il lavoro di Questionmark solleva interrogativi che, in linea generale, concernono l’utilizzo dei corpi e il loro posizionamento in strutture sociali, riattualizzando temi del femminismo storico e del pensiero queer traghettati verso un futuro ancor più segnato dal rapporto tra corpo, biologia e tecnologia.

In questo momento l’artista sta lavorando a una performance in programma a Milano per la fine dell’anno, una nuova operazione chirurgica per la quale Questionmark sta conducendo una ricerca specifica su utensili ispirati a quelli utilizzati per gli aborti clandestini, strumenti di tortura necessari all’emancipazione del corpo in un dato momento storico. È inoltre prevista nel 2024 una mostra a New York presso la galleria Amanita, il cui progetto prevede la realizzazione scultorea di una creatura di grandi dimensioni che tenta però di svincolarsi dal riferimento all’estetica marina presente nelle opere precedenti per abbracciare un concetto di tentacolarità più esteso, non circoscritto all’ambiente subacqueo ma metafora di un pensiero rizomatico esercitato a livello quotidiano, ispirato all’immaginario tratteggiato da Paul B. Preciado. Infine, Questionmark sta preparando la partecipazione a importanti manifestazioni internazionali che avranno luogo durante il prossimo anno.

Facendo il punto con l’artista sullo stadio cui è giunta la sua ricerca, appare chiaro come spettacolarità e precisione estetica dei suoi lavori possano rappresentare un’arma a doppio taglio: se infatti a queste si deve un’incredibile capacità di attrazione che si fa forza comunicativa, dall’altra l’inclinazione pop rischia di non lasciar affiorare gli strati più profondi della ricerca. La questione di come veicolare in modo più stratificato il processo di indagine e di formalizzazione emerge con chiarezza dalle riflessioni dell’artista e si presta a un’evoluzione del lavoro che potrebbe includere nel prossimo periodo la presentazione di materiali di archivio, anch’esso pensato in una forma ambigua tra l’atlante warburghiano e la lavagna sulla quale la polizia raccoglie i suoi indizi. Proprio l’innata capacità di ibridazione e contaminazione permette al lavoro – e all’artista in simbiosi con questo – di incarnare in maniera visibile l’idea di continua e progressiva metamorfosi che, lungi dall’essere una questione puramente formale, affonda le radici in già maturi presupposti teorici.

Foto di Sage Yodit, Cyborg Piece in collaborazione con Oscar Carretero e Neil Harbisson