Luca Marcelli Pitzalis

Cagliari 1995
Vive e lavora a Berlino
Studio visit di Davide Lunerti
23 maggio 2024

Nel raccontare la pratica di Luca Marcelli Pitzalis, durante il corso del suo precedente studio visit, Marco Trulli passava in rassegna i temi di natura psicologica, politica e sociale su cui l’artista si interroga attraverso un ampio ventaglio di media (scrittura, performance vocali, installazioni sonore). Tra i campi di indagine da lui menzionati, questo studio visit di ritorno vuole approfondire gli esiti delle sperimentazioni dell’artista indirizzate a sottrarre la propria pratica alle logiche commerciali del mondo dell’arte, una direzione su cui l’artista recentemente sta cercando di calarsi ancor di più, con nuovi progetti e performance sempre più radicali.

La predilezione verso media che non prevedono la produzione di un oggetto, bensì la creazione di esperienze, performance e happenings, è dovuta alla ricerca di forme di espressionemeno commercialmente appetibili, che possano allontanarsi dai valori di produttività, prevedibilità e riconoscibilità. Nel progetto Statement (2023), che ha previsto l’invio di una stessa mail a cento gallerie diverse, l’artista aveva già denunciato le pressioni del mondo dell’arte a proposito di questi valori, con i toni di uno sfogo personale più che di un’arringa. Con questo genere di operazione, che trae ispirazione dalla pratica di Cally Spooner, la freddezza dei rapporti interpersonali all’interno del sistema capitalista viene scossa da un improvviso avvicinamento emotivo; nel sovvertire pubblico e privato (accostandosi alla pratica artistica militante di Sharon Hayes), il suo lavoro mira a mescolare piano personale e politico, in modo da poterne ridefinire i confini.

Con questo stesso fine, molti progetti di Marcelli Pitzalis prendono in prestito i codici estetici e semantici del mondo del lavoro, utilizzando elementi formali propri dei contesti di ufficio e introducendo all’interno di essi elementi emotivi; l’attrito tra i due linguaggi crea un momento di esaltazione sentimentale in cui le regole di rigidità e costrizione sociale cedono a un completo stato di vulnerabilità, liberando pensieri e sentimenti repressi, senza filtri, violenti nella loro espressione più autentica. Il ruolo che l’artista svolge nella società è infatti quello di esprimere fedelmente e salvaguardare la parte più vera e intima, e quindi contraddittoria e perturbante, della natura umana, facendo resistenza contro i tentativi esterni di conformazione, controllo e razionalizzazione delle emozioni. «Penso che l’arte debba sempre nascere dall’ombra», mi dice: per l’artista è vitale opporsi a una società ‘illuminata’ dal pensiero razionale, di stampo logocentrico, utilitaristico, machista e iperperformativo, che in quanto tale reprime nella vergogna e nell’insofferenza i sentimenti dell’individuo più negativi o affettivi, debellandoli come sintomi di debolezza e fragilità. Su questo, sono stati fondamentali per l’artista gli scritti della filosofa Adriana Cavarero.

«Continuiamo a cercare l’amore anche in tempi di grandi avversità»: per il recente progetto Lezioni di resistenza, a cura di Spazio Y, l’artista, incaricato di realizzare un manifesto sul tema della resistenza, ha scelto di citare la frase di bell hooks, a sua volta da lei ripresa da una scritta anonima vista per strada negli anni Ottanta. La frase, che di nuovo confonde piano emotivo e politico, nella sua semplicità dichiara la pura esperienza affettiva come uno stato di innocenza infantile, preverbale e preidentitaria, da difendere dalle oppressioni di un mondo avverso, ostile, adulto. La performance su cui sta lavorando attualmente, The Rehearsel (Milano) e che debutterà il prossimo mese, è stata ideata a partire dall’archetipo del ‘fanciullo’, un concetto di innocenza primigenia. A questa seguirà una serie di interventi diversi in altre città, sperimentando modi di fare arte al di fuori delle logiche di prevedibilità e finitudine.

Le ultime produzioni dell’artista sono mirate, come precedentemente accennato, verso uno degli argomenti che hanno sempre fatto parte della sua ricerca, ovvero la questione dell’atto artistico al di fuori degli schemi commerciali e patriarcali. Seppur già affrontato in progetti precedenti, questo aspetto è attualmente nel cuore del suo svolgimento e quindi ancora oggetto delle sue sperimentazioni.

Questa lettura di compiutezza in divenire, in realtà, potrebbe provenire dalla necessità di rassicurazioni e certezze contestata dall’artista stesso e inconciliabile con una realtà effettiva caotica e irrazionale. Attraverso questo processo, aprendo al pubblico un’opera vulnerabile nella sua non finitezza, l’artista riesce a intraprendere con coraggio una pratica che risulta in totale armonia con la sua concezione dell’esperienza umana: in continuo sconvolgimento e metamorfosi, fragile nella sua vulnerabilità, improduttiva nella sua fallimentarietà, riesce a essere coerente nella rappresentazione della sua incoerenza.