Paolo Bini

Battipaglia 1984
Vive e lavora a Montecorvino Pugliano
Studio visit di Alessandra Troncone
5 maggio 2024

Paolo Bini è un artista che ha saputo creare un linguaggio pittorico molto riconoscibile, mettendo a punto una tecnica di stratificazione del colore attraverso nastri di carta che scansionano la superficie e frammentano così l’idea di paesaggio. Nel precedente studio visit, Marcello Francolini riconosceva nel dipinto presentato a Monopoli in occasione della mostra Panorama (2022) «un lavoro completamente nuovo e foriero, forse, di una nuova ricerca in atto». L’identificazione di una nuova direzione nel lavoro di Bini rappresenta l’occasione per tornare nel suo studio, un luogo di cui mi colpisce sempre l’organizzazione metodica degli strumenti del fare pittura, allineati come attrezzi chirurgici, ma anche la presenza di opere lasciate a uno stato incompiuto che si fanno testimoni del tentativo di raggiungere il giusto equilibrio tra istinto e tecnica.

Il lavoro di Bini è profondamente pittorico: anche quando l’artista guarda ad altri media, come la scultura o l’installazione ambientale, la sua ossessione resta quella di inseguire luce e colore. La sua ricerca sull’astrazione si inserisce nel solco di un’indagine sul segno e le variazioni cromatiche, ma allo stesso tempo la componente gestuale e istintiva viene “raffreddata” dal procedimento analitico di dipingere e poi incollare i nastri, che diviene un atto quasi meditativo. Discostandosi sia dall’astrattismo gestuale che da quello geometrico, risulta non immediato trovare dei parallelismi nel contesto italiano e internazionale.

L’indagine sulla pittura, sul rapporto tra astrazione e rappresentazione, è un aspetto significativo soprattutto se espanso a una dimensione installativa, che punta a far dialogare l’immagine-quadro con aspetti della realtà. Rientra in tale tipologia il progetto per il Parco archeologico di Paestum, la cui inaugurazione avverrà nel corso del 2024, e che vede una struttura a cerchio in acciaio corten posizionata come un mirino per inquadrare il Tempio di Nettuno, al cui interno una seduta invita a fermarsi. La scultura è destinata a riempirsi di edera, secondo i tempi dettati dalla natura stessa.

La messa a fuoco attraverso l’individuazione di un preciso punto di fuga è anche protagonista della nuova serie di dipinti a cui Bini sta lavorando in questo momento nel suo studio, accomunati dal titolo Riflessi. Si tratta di vedute del Mar Mediterraneo nelle quali l’orizzonte si stempera nelle rifrazioni di luce. A seconda del punto di vista e dell’incidenza della luce, tali riflessi acquistano uno spessore quasi tridimensionale, pur restando ancorati alla bidimensionalità nel nastro applicato su tela. Rispetto al lavoro precedente, il paesaggio qui si rivela «come se una persiana fosse stata aperta», puntualizza Bini. Insieme a questa nuova serie di opere, che sarà esposte in una mostra personale alla Galleria Simondi in programma nel 2025, l’artista sta inoltre lavorando a un progetto per la Fondazione Antonio Presti nel contesto del parco scultoreo Fiumara d’arte, trasferendo la ricerca sul colore in corpi policromi in fase di progettazione.

La riconoscibilità del lavoro di Bini è frutto di coerenza e costanza, che rischiano talvolta di rallentare lo slancio verso nuove direzioni: interrogarsi su quale sia il tempo di un ciclo di opere resta un imperativo fondamentale, così come quello di stabilire in quale modo la scelta del paesaggio possa farsi anche portavoce di tematiche legate al nostro presente.

Nella serie dei Riflessi si intuisce la necessità di trovare queste risposte, tenendo salda quella metodicità che fa della sua pittura una pratica analitica, quasi concettuale nella sua insistente ricerca di restituire il passaggio del tempo, nastro dopo nastro, riverbero dopo riverbero.

Foto di Carlo Ferrara
Foto di Carlo Ferrara