Concetta Modica

Modica 1969
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Francesco Lucifora
3 marzo 2024

Concetta Modica è nata nel versante sud-orientale della Sicilia dove persiste un potente intreccio tra rito, tradizione, tragicità e materia, caratteristica che influisce non poco sul suo percorso.

Completa gli studi all’Accademia di Brera, poi all’UDK-Universitat der Künste di Berlino e nei primi anni del Duemila frequenta il Corso Superiore di Arti Visive Antonio Ratti con Giulio Paolini.

Tanto i progetti espositivi quanto le esperienze residenziali riportano al senso di comunità, quella artistica e quella di persone portatrici di Storia. Nel 2004, durante la gravidanza, sfila la trama della coperta di lana confezionata dalla nonna per ritesserla in una suggestiva istallazione confluita in Excoperta, alla Gamec di Bergamo, progetto che si è espanso fino al presente unendo spazio, tempo e oggetto. Ritengo importanti le personali come One more Time alla galleria Umberto Di Marino (2007), Life Is Everything al Das Weisse Haus di Vienna (2014), Quel che resta per La quarta vetrina/Libreria delle donne a Milano (2016), Epico/Fragile perla Galleria Francesco Pantaleone di Palermoe la presenza presso l’American Academy in Rome, Fondazione Pistoletto, Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo, SerrOne a Monza, Botkyrka Konsthall a Stoccolma, Docva, Villa Romana e Museo Riso. Tra le residenze vorrei annotare Raumars in Finlandia, madeinfilandia a Pieve a Presciano, Paesaggio con artista a Labico e quella più recente, Per un rinnovato mecenatismo di Contrada, Contrada della Torre a Siena nel 2019. Il suo lavoro La notte di Sant’Anna, commissionato dal Museo Civico di Castelbuono, è vincitore del PAC 2021 indetto dal Ministero della Cultura.

Concetta Modica è tra quelle rare persone che parla di unione dello status di artista alla vita e all’urgenza di disseminare gesti che inneschino ritualità, storie e simboli immortali. L’interesse più acceso si manifesta verso ciò che è permanente o, perlomeno, appare tale, anche quando, nei fatti, rappresenta il tempo continuo di modifiche mai conclusive. La poetica che le appartiene è data da una continua esposizione al tempo vissuto, prima spettatrice di una certa caducità, del senso epico di infinito e di sacro che anche il contemporaneo possiede. La lunga durata, unita ad azioni semplici e ostinate, è la dimensione del suo lavoro, che non risente della voracità del sistema dell’arte, al contrario, l’artista è attratta dalle comunità relative e, se penso al progetto RaccontoDi20 fondatocon Sophie Usunier, anchedalla collaborazione tra artisti.

Il valore nitido della sua pratica risiede nell’attrazione per i luoghi lavorativi in genere e per quelli dell’arte, perché le consentono di riflettere sulla relazione tra arte e pubblico e di muoversi con relativa autonomia rispetto a mere logiche di mercato. In un momento di riflessione su quanto siano solide la critica d’arte e alcune ricerche, la sua attitudine ad ascoltare altri artisti, ha una risolutezza vitale.

Dal punto di vista formale, le sue opere sono connesse alla scultura, stratificata in configurazioni e pretesti narrativi sempre diversi, di opera in opera, si tratti di Garibaldi, della trilogia dedicata a Orlando o delle riflessioni grammaticali e culturali del lavoro Tizia Caia e Sempronia,nel quale terracotta nera e bianca, sale grosso, ottone e spine di Corisia danno forma a tre elementi scultorei che insistono sul nodo linguistico, e non solo, della questione di genere.

In primo piano, sul tavolo dello studio, ci sono feltro di lana e fusioni bronzee che riportano a La notte di Sant’Anna, Il viaggio di un sepalo per diventare stella (2023); riesco ad avere notizie sulla preparazione, con Maria Rosa Sossai, di una residenza in Libano, un progetto con il musicista Lee Curreri a Los Angeles e quello dal titolo Una madonnina dei semi nel parco di Ameno in provincia di Novara per cartografie sensibili, a cura di Lorenza Boisi.

Concetta Modica si tiene a distanza dall’ironia, crede che l’utilizzo di questo registro possa rappresentare una debolezza, anche se poi può manifestarsi. Di fatto, la parte ironica avrebbe la funzione di mitigare la sua passione dichiarata per il dramma. Lo stesso si può dire del controllo sull’opera, la perfezione e il rigore la interessano poco, ma a volte si rivelano importanti.

Ritengo che l’artista, facendo sua la lezione di Kierkegaard, creda che passato e futuro si possano compattare in un presente vivo che conduce le cose in avanti e che la spasmodica ricerca del nuovo abbia a che fare con la ripetizione. Direi che lavorare con gruppi di persone costruendo rituali e vivendo inaspettate relazioni rappresenta l’elemento di forza, oltre che la garanzia di non ridurre la produzione artistica a mera meccanizzazione.