Franco Ariaudo

Cuneo 1979
Vive e lavora a Torino
Studio visit di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi, Federico Palumbo)
22 febbraio 2024

Franco Ariaudo nasce in un piccolo paese in provincia di Cuneo, aspetto biografico che lo rende familiare alla dimensione della microcomunità, tema che torna in molti dei suoi lavori. L’artista frequenta successivamente l’Accademia di Belle Arti di Firenze, ma ciò non incide particolarmente sulla sua formazione; la dimensione della residenza artistica, dell’incontro con altri artisti e professionisti e la loro preparazione, ha invece un peso maggiore in questo processo. La stessa attitudine si ritrova in Progetto Diogene, collettivo artistico di base a Torino, di cui Ariaudo ha fatto parte per diversi anni e che è stato per lui una vera e propria palestra di pensiero.

La fase di ricerca, che si formalizza in opere spesso non prevedibili a priori, è parte integrante e fondante della pratica dell’artista. Si tratta di una metodologia che lo porta a indagare i più disparati campi del sapere, spesso intessendo collaborazioni con professionisti anche distanti dal mondo dell’arte. Nonostante l’approccio multipolare alcune tematiche costanti ritornano, come quelle dell’immaginazione e dell’utopia, quest’ultima intesa come campo di possibilità. Un modo per aprire scenari attraverso l’arte e per analizzare contestualmente le diverse implicazioni. La pratica di Ariaudo diventa, in tal senso, un modo per rendere plausibile ciò che può apparire impossibile, come nel caso dell’articolato progetto Faster than Christ, in cui l’artista indaga la possibilità di camminare sull’acqua, interrogando diversi professionisti, tra cui un fisico, un teologo, un esperto di rettili e un motivatore aziendale. In questa processualità il libro ─ inteso sia come oggetto che come strumento di teorizzazione ─ diviene estensione teorica e formale del lavoro. Tuttavia, ci sono progetti in cui il libro/opera assume una maggiore autonomia; una sorta di spartiacque in questo processo di emancipazione è Sportification – Eurovisions, Performativity and Playgrounds 1965-99, progetto della durata di cinque anni, realizzato in collaborazione con Luca Pucci ed edito da Viaindustriae. Si tratta di un punto nodale non solo per l’ampia durata dell’indagine ma anche perché è un momento decisivo per l’artista nel reindicizzare la storia dell’arte, proponendo uno sguardo altro. Nel libro, articolato in tre sezioni, si racconta un parallelismo, che a prima vista può sembrare implausibile, fra il programma Giochi senza frontiere (1965-1999) e le esperienze performative d’avanguardia.

La forza delle opere di Ariaudo è quella di tradurre un pensiero, adottando sempre linguaggi visivi diversi e che si adattano alla natura del singolo progetto. L’importanza della processualità sta nella consapevolezza che al mondo possano esistere aspetti più affascinanti di qualsiasi restituzione artistica già codificata. Si tratta dunque di una totale immersione nel flusso delle cose, che può svelare complessità attraverso uno sguardo che trascende l’ordinario e mette ironicamente alla berlina i paradossi del contemporaneo.

Attualmente l’artista si sta dedicando a due progetti, entrambi in fase embrionale, caratterizzati dal medesimo approccio multidisciplinare e in grado di dare a narrazioni marginali una diversa profondità. Nello specifico, uno di questi mira a sviluppare dispositivi effimeri dedicati allo spazio pubblico. Punto di partenza è la tenda da campeggio, spazio abitativo dalle diverse connotazioni, estetiche, sociali e politiche. Partendo da una complessa indagine, Ariaudo vorrebbe realizzare monumenti pop-up da inserire in un contesto di tendopoli.

L’imprevedibilità relativa alla formalizzazione delle opere ─ sempre attenta e consapevole ma che accade senza una pianificazione precisa e spesso all’interno di un percorso di ricerca di anni ─ può essere un elemento su cui riflettere; a volte le collaborazioni con figure di altre discipline e le dinamiche partecipative possono minare la buona riuscita di un progetto.

La sua ricerca, tuttavia, è complessa e stratificata e allo stesso tempo accessibile e mai retorica; a nostro avviso segno evidente di valore così come la mancanza di barriere e l’uso di un linguaggio equilibrato e mutevole, in grado di bilanciare poesia e ironia.

Foto di Davide D’Ambra
Foto di Davide D’Ambra