Siena 1975
Vive e lavora a Siena e a Pistoia
Studio visit di Chiara Pirozzi
18 gennaio 2024

La pratica scultorea e installativa di Francesco Carone ingaggia una forte relazione con lo spazio espositivo, sia esso neutro oppure carico di storia. Nel precedente studio visit venivano anticipati nuovi progetti in essere che ho ritenuto utile continuare ad approfondire per trarne nuove conclusioni, oltre ad avere l’occasione di fare un aggiornamento con l’artista sulle sue ultime produzioni.

Nel corso della sua attività Carone ha dimostrato coerenza d’intenti e rigore contenutistico, espressi attraverso l’utilizzo sapiente del linguaggio scultoreo. Le sue opere trattano tematiche senza tempo, scevre dunque da implicazioni legate all’attualità e, spesso, mettono in dialogo, come in una danza o in una lotta, oggetti trovati, dalla forte carica attrattiva, con materiali plasmati dall’artista attraverso una profonda conoscenza delle tecniche e dei materiali utilizzati. Il risultato è perturbante, in grado di rendere estraneo ciò che sarebbe familiare. Una pratica scultorea che si inserisce, in effetti, in una tradizione molto marcata in Italia e riferibile al dialogo fra classico e contemporaneo e che tutt’oggi intercetta gli umori e gli stimoli degli artisti, anche a livello internazionale.

La capacità di Carone di liberarsi da contenuti contingenti ─ scegliendo di attingere a fonti storico-artistiche, letterarie, alla mitologia e alla poesia ─ rende i suoi lavori testimoni di quanto il passato e le speculazioni ad esso legate siano già pregne di visioni in grado di spiegare la contemporaneità. L’artista concepisce progetti di ampio respiro, che spesso mettono in crisi il concetto stesso di autorialità; ne è un esempio il progetto Moby Dick, a cui presto sarà dedicata una pubblicazione, che consiste nella collezione mai conclusa, e che conta già più di centocinquanta edizioni italiane, del romanzo di Melville.

Nel mese di novembre 2023 è stata inaugurata una sua mostra personale presso lo Spazio A di Pistoia; intitolata Nevermore, è costituita un’installazione composta da una serie di oggetti e assemblaggi che esplode nello spazio, come a formare una cosmologia racchiusa in un intimo spazio domestico. Il titolo è tratto dalla celebre e surreale poesia di Edgar Allan Poe e dal corvo nero che, per Carone, diviene una grande sagoma nera riflettente posta al centro della galleria e costituita da tre coperti di pianoforti disposti lungo i tre assi spaziali. Intorno a questa struttura, capace di assorbire la luce, si dispongono oggetti spesso recuperati e manipolati dall’artista che puntellano lo spazio, definendo un paesaggio. La mostra ribadisce la capacità dell’artista di lavorare sullo spazio e sulla tensione generata dagli oggetti in esso disposti, aprendo nell’osservatore nuovi possibili varchi d’immaginazione.

La ricerca condotta da Francesco Carone definisce uno stile molto riconoscibile anche grazie all’utilizzo ripetuto di alcune forme e oggetti impiegati in diverse occasioni espositive ─ come il palo in ottone che attraversa lo spazio espositivo da terra al soffitto utilizzato in varie installazioni ─ un aspetto che potrebbe sviarlo dal percorrere strade meno confortevoli ma più innovative e sperimentali.

L’artista, a mio avviso, è parte integrante di una generazione di maestri legati al medium della scultura. Sarebbe auspicabile una maggiore risonanza per il suo lavoro ad opera del sistema istituzionale nazionale e internazionale.

Foto di Camilla Maria Santini