Matteo Pizzolante

Tricase 1989
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Edoardo De Cobelli
17 gennaio 2024

Un giorno Jodorowsky e Arrabal decisero che le strade gli davano noia; stufi di lasciarsi imporre il passo dalle rotte obbligate delle vie di percorrenza urbane decisero che loro l’avrebbero attraversata dritta, la città, bussando ed entrando nelle case piuttosto che deviare il cammino. Questo bizzarro e divertente esperimento del Teatro Panico ricorda, in maniera provocatoria, quanto siamo determinati dalle forme dello spazio e quanto in fretta, nella nostra realtà quotidiana, ci si abitui a questo condizionamento. Svegliandosi, forse, con lo stesso desiderio, nel 1938 Duchamp stipò il soffitto di una galleria di sacchi di carbone, con la volontà di capovolgere la concezione del luogo e lo sguardo dei visitatori. Da allora ‘il luogo’ cominciò, gradualmente, a entrare nell’arte e questa consapevolezza non verrà più abbandonata: si smette di pensarlo solo come un contenitore e diventa un soggetto con cui le opere devono dialogare. Come sappiamo, esso è poi diventato anche l’oggetto stesso dell’opera e il campo di intervento diretto dell’artista. Tra gli artisti italiani che si occupano maggiormente del rapporto tra spazio, architettura e percezione è interessante approfondire la visione di Matteo Pizzolante, che vi introduce l’elemento della memoria e della narrazione. Laureato in Ingegneria edile, dopo il diploma in Accademia inizia a ricostruire architetture di interni in 3D, ridando vita a spazi esistiti ma di cui non conosce l’esatta disposizione.

Pizzolante, nelle sue rappresentazioni, ricrea luoghi della memoria – ad esempio l’hotel del nonno che non ha mai visto – eventi storici – fatti di cronaca, attentati, esplosioni – e interni puramente immaginari ma che hanno una forte carica emotiva. Nella serie di video intitolati Grey Matter, ad esempio, ha ricreato le esplosioni accadute a Dresda, Brindisi, Napoli e New York avvenute tra il 2012 e il 2018. La cronaca, in questa serie, tende a sparire mentre il video ci rende testimoni di una restituzione oggettiva del fenomeno fisico, che spazia tra asettica scientificità e coinvolgimento emotivo. Il desiderio dell’artista di costruire e ricostruire non si limita tuttavia allo schermo. Le opere travalicano la frontiera del digitale tornando nella realtà in forma di sculture, che riproducono alcuni elementi presenti nella ricostruzione: porte, maniglie, oggetti estrapolati dal virtuale. Il suo studio, nel palazzo di Futurdome a Milano, mostra infatti maniglie deformate, come se l’esplosione l’avessero subita, o porte ricoperte di immagini, che sembrano far accedere a un’altra, ulteriore dimensione.

Pizzolante usa le sculture come strumenti di supporto o elementi narrativi, che si intrecciano alla storia legata al luogo ricostruito. Le immagini sono spesso in cianotipia, il colore della memoria e del ricordo, mentre lo spazio scenico si ispira a quello di Adolphe Appia, intimo ma mai abitato, transitabile con lo sguardo ma velato di irrealtà. Memoria, narrazione, scultura si compenetrano tra analogico e digitale creando una lettura stratificata che, partendo da un fatto o un luogo reale, riflette sullo statuto dell’immagine e sulla sua capacità di conoscere. Lo spazio diventa parte dell’immagine, giocando sul confine tra realtà e rappresentazione ─ le pareti talvolta sono rotte o bucate – e l’immagine esce dallo schermo diventando oggetto e spazio a sua volta.

Nella ricerca dell’artista, così, il luogo assume lo statuto di soggetto e ad esso può talora sostituirsi, parlandone in prima persona. Questo è avvenuto nella mostra appena conclusa a Varese, Ritratto e ritiro, una indagine artistica sul fenomeno del ritiro sociale, su cui l’artista sta ora lavorando. La modellazione 3D del luogo di isolamento e delle sue caratteristiche, fino ai dettagli personali, di una sua conoscente, ci parlano di questa condizione non attraverso di lei, ma unicamente attraverso ciò che l’ha circondata per anni.

L’approccio di Pizzolante predilige la complessità installativa e non ha il vantaggio dell’immediatezza che spesso si accompagna all’impatto dell’immagine. Bisogna passare del tempo nella familiarità straniante delle sue rappresentazioni per entrare nel suo tempo sospeso.

L’artista affronta tuttavia gli stessi temi e le stesse ossessioni da anni, arrivando a legare i sentimenti e le pulsioni dell’uomo a una dimensione spaziale di progettazione, che marca l’aspetto sensibile della neutralità dello spazio, fino ad attribuirle una sua soggettività.