Andrea Nacciarriti

Ostra Vetere 1976
Vive e lavora a Senigallia
Studio visit di Angel Moya Garcia
2 gennaio 2024

Le storie sospese, la critica politica e sociale, le dinamiche e i limiti del rapporto tra uomo e natura, i lavori realizzati per sottrazione, rimozione o sfondamento che svelano l’invisibile o l’inaudibile, insieme all’incontenibilità di una ricerca difficili da circoscrivere nell’ambito di uno studio mi portano a visitare Andrea Nacciarriti per indagare un percorso che non si è mai piegato alle richieste del mercato o alle esigenze dei vari galleristi con cui ha lavorato negli ultimi anni. Come veniva accennato nel precedente studio visit a cura di Marco Trulli, la devozione e il rispetto dell’artista verso lo spazio come costruzione architettonica, sociale e culturale si evidenziano in un fattore temporale in cui, svincolandosi dalla pretesa di dover aggiungere altre cose al mondo, concentra ogni intervento in una sorta di ricerca ecologica sulla trasformazione dello spazio, riflettendo così su quanto il tempo dell’opera debba essere definito dal luogo in cui essa si crea, sviluppa o evolve.

In questo senso, l’approccio del lavoro si basa sulla spontaneità dell’idea, del gesto o dell’intervento di cui raramente rimangono tracce. Lo stile delle sue installazioni è asciutto e asettico e lo collega a una serie di registi e di scrittori come Ulrich Seidl e Michel Houellebecq; la sua pratica ad artisti come Daniel Turner, per la sua capacità di dare risposte specifiche all’ambiente in un insieme controllato di processi, Manfred Pernice per le sue installazioni anti monumentali fatte di strutture anarchiche nonostante una grammatica complessa e rigorosa, Robert Irwin per l’attenzione al contesto dell’opera da cui ha origine, Mike Nelson per la costruzione di ambienti che invitano l’osservatore a un gioco infinito di possibilità apparenti e a Thomas Demand per il continuo slittamento tra finzione e realtà. Allo stesso tempo, la sua curiosità per l’utopico, il fantascientifico e l’irrazionale intreccia il suo lavoro all’architettura radicale di Ufo, Gianni Pettena, Archizoom e Superstudio.

La capacità di alterare determinati aspetti percettivi dello spazio fisico insieme a quella di analizzare alcune caratteristiche delle pratiche effimere ha spinto l’artista all’utilizzo temporaneo di spazi come pratica di ricerca o alla formalizzazione di dispositivi che prescindono da una estetica seducente per confinare lo spazio dell’attenzione e aprire ambiti di riflessione condivisa.

Uno dei lavori che più hanno determinato la ricerca attuale lo abbiamo visto recentemente negli spazi di Kappa-Nöun di San Lazzaro di Savena in cui, con una barca/relitto adagiata su un chroma key, rifletteva su come cambia la posizione dell’osservatore in relazione a quanto accade. Insinuandosi come condizione e metafora centrale nella civiltà occidentale quella del “naufragio con spettatore”, per dirla con Hans Blumenberg, Nacciarriti evidenzia l’atteggiamento sdoppiato e ambivalente dell’uomo dinanzi alla vita e alla Storia, diviso tra il bisogno di sicurezza e il gusto per il rischio, l’estraneità e il coinvolgimento, la contemplazione e l’azione.

L’istinto portato al paradosso, gli ordini allusivi nelle varie composizioni, le dinamiche immaginative e, soprattutto, il carattere effimero della maggior parte dei suoi lavori, che rimangono esperienze limitate riservate a poche persone e fruibili quasi esclusivamente tramite la documentazione e la comunicazione digitale, lo hanno sicuramente penalizzato in termini di riconoscimento all’interno del sistema dell’arte italiano che osservava la sua generazione e che era più propenso a un certo ordine e a un’oggettualità più definita.

Possiamo vedere, tuttavia, in tutta la sua produzione una matrice situazionista in cui ogni lavoro diventa un tentativo di superamento dell’arte come attività produttrice di oggetti mercificabili, per concentrarsi sull’immaginazione e sulla libertà di sperimentazione. In questo senso, la sua rinuncia a compromessi denota la congruità di un percorso solido, stabile ed estremamente controcorrente rispetto alle dinamiche consolidate per poter continuare a rompere ogni schema imposto, a diversificare le critiche e le prese di posizione e, infine, a non perdere la capacità di svelare ogni dramma sociale e ogni studio sulla storia di un determinato spazio.