Giuliana Rosso

Chivasso 1992
Vive e lavora a Torino
Studio visit di Edoardo De Cobelli
7 dicembre 2023

Ho incontrato Giuliana Rosso mentre stava terminando le ultime tele per Artissima, poco prima del trasferimento nel suo nuovo studio. Non aveva ancora iniziato a riempire le scatole e le pareti erano dense degli oggetti che hanno corredato il suo studio nel tempo: maschere, giocattoli, galline gonfiabili, scheletri, alieni… un ricco corollario di bizzarri spunti visivi a cui si ispira quotidianamente per la sua pittura, dove il colore spesso dominante è un verde pallido, che insieme al rosso, al giallo intenso e alle scale di violetti domina pitture dalle atmosfere fredde e leggermente stranianti.

Sono questi colori primari e complementari che nelle mostre gradualmente conquistano le pareti, colano sui pavimenti e riempiono le imperfezioni architettoniche fino a esplodere nello spazio. Giuliana Rosso è infatti una pittrice che si esprime ben oltre i limiti della tela, arrivando a occupare lo spazio ambientale come fosse parte della rappresentazione. Nelle sue opere usa molto la carta, che si trasforma nell’estensione del quadro e diventa oggetto dipinto, a cavallo tra rappresentazione e scultura. Non è a quel punto determinante capire cosa è pittura e cosa no, perché l’intervento crea una dimensione narrativa che trasforma completamente lo spazio, dove tutto fa parte della rappresentazione.

Finché quel che fantastichiamo è stato, opera presentata al Castello di Rivoli nel 2020, è forse il miglior esempio della forza centrifuga cui sono talvolta soggette le composizioni. In Bored Bones, l’ultima mostra personale, Rosso interpreta la dimensione spaziale della vecchia banca in cui ha sede la galleria The Address creando vere e proprie scenografie di cartapesta e disegni, che sfruttano le volte come cornici, i separé come mobilio e delimitano stanze riempite di letti, lavandini e una stufa disegnati a carboncino.

A colpire è la plasticità della carta e la capacità dell’artista di far entrare, sovvertendo l’ordine, lo spazio dentro la pittura. L’osservatore cammina tra gli oggetti ed entra nelle possibili storie narrate dalle opere disposte. Sono racconti che parlano dell’irrequietezza e delle incertezze dell’interiorità, tipiche della fase dell’adolescenza, a cui corrispondono i soggetti che si muovono in bilico tra realtà e immaginazione.

La fragilità e le paure si mescolano a un immaginario popolare e ad atmosfere fiabesche, alterate e talvolta spiritiche. Ambienti più accoglienti, abitati da stufe e altalene, si alternano spesso a paesaggi tossici dai colori acidi. Ma anche quando l’opera immagina luoghi inospitali, come lo sfondo del dipinto vincitore dell’ultima edizione del Premio Cairo, Stiamo bene negli acquitrini, i soggetti si rifugiano nella dimensione serena e privata della solitudine, magari ascoltando musica, che si oppone al disagio esistenziale che li accompagna. In questa perenne condizione di indeterminatezza, che emerge dalla pittura, guardare la serie di esposizioni realizzate da Giuliana Rosso negli anni è come di sfogliare le pagine di un unico fumetto con personaggi ricorrenti e scene e storie intrecciate.

Nei due lavori quasi terminati in studio, il gioco tra tridimensionalità e aderenza alla parete del disegno è evidente. Per la prima volta l’opera, che nasce da due tele unite ad angolo, include una terza superficie, in questo caso il pavimento. La scena si estende a mostrare uno spaccato di interno, che si apre sull’immaginario dell’artista e si adatta perfettamente alle pareti. L’angolo è d’altronde, per lei, il punto d’origine. A partire da lì «la pittura/disegno diventa come un libro che si apre al racconto».

L’universo narrativo di Giuliana Rosso non è facile da comprendere. L’irrequietezza traspare, i colori e le forme, di una figuratività a tratti incompiuta, inizialmente respingono lo sguardo. Una volta superato il primo impatto visivo, la storia prevale sull’immagine e diventa coinvolgente e persuasiva. La capacità dell’artista di creare atmosfere, usando luce, architetture e dettagli esistenti, oltre scenografie delicate e complesse, crea installazioni ben riuscite e trasmette una visione molto personale, che proietta una dimensione stilistica fantastica e ‘cartoonesca’.