Giuliana Storino

Manduria 1986
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Lorenzo Madaro

Un cavalletto a dondolo, risme di fogli, terra, vuoto, appunti, ordine e disordine: nello studio di Giuliana Storino a Milano (dove insegna all’Accademia di Brera) tutto è sospeso nel tempo dilatato dell’attesa. Percorrerlo è come entrare in una dimensione altra, in cui però, a ben guardare, vige un preciso metodo. Mi dice subito che la sua ricerca «si orienta verso lo spazio e l’installazione e si articola attraverso una interdisciplinarità dei mezzi e dei linguaggi». È così, lo si comprende osservando le opere esposte nelle mostre personali e collettive degli ultimi tempi. Tra le personali recenti vanno annoverate: Cavalletto a dondolo, l’istante vuoto, a cura di Alessandro Mescoli, CRAC di Castelnuovo Rangone (Mo) e Il sole è nuovo ogni giorno, a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Museo archeologico di Santa Scolastica, a Bari nel 2021, mentre, tra le collettive: Toys. Giocare è un’arte, a cura di Maria Mancini, Associazione culturale Bianca Pilat a Milano nel 2022, Esperienze a contatto: Italia e Corea, sempre a cura di Maria Mancini, negli spazi della Fondazione Centro Arti visive di Pietrasanta.

C’è una dimensione legata a una declinazione intima e manuale (cioè di impegno con le mani, come pratica da intendere per la sua forza intrinseca di spazio delicato e privato), nel lavoro di Giuliana Storino, anche quando esso si relaziona con un approccio installativo ed esce fuori dalla bidimensionalità per farsi forma nello spazio, come nel caso dei suoi cavalletti a dondolo ricoperti da un delicato strato di inchiostro dato con una penna Bic blu. Nel suo impegno quotidiano si rivela l’interesse per la ciclicità, sia quella del gesto che quella della natura, fonte primaria di interesse, come dimostrano le sue perlustrazioni attorno alle metamorfosi, tema caro al suo lavoro. Cambia pelle il lavoro di Storino, soprattutto nelle opere su carta, realizzate con le terre setacciate in differenti geografie, in grado di generare monocromi stratificati che intendono provocare suggestioni perfino olfattive. L’artista si dedica a una rilettura dell’arte in base alla natura e ai suoi cicli, senza diventare narrativa riesce piuttosto a far confluire terre, respiri, tracce e segni naturali nella dimensione totemica delle cose. Anche quando lascia temporaneamente il rapporto con i materiali della terra e approda, per esempio, alle installazioni con tubi fluorescenti e metallo – è il caso, ad esempio, di The Sun Is New Every Day, tra i lavori più poetici della sua mostra barese di due anni fa, a stretto contatto con il passato archeologico dello spazio in cui ha allestito la personale che l’ha riportata temporaneamente in Puglia –, la familiarità feconda con lo stupore e la ciclicità delle cose della natura è sempre manifesta. Se ciclica è la natura, tale è anche la capacità di Storino di generare opere appartenenti a specifici cicli che costantemente rigenera. Lavorare con gli elementi primari della natura significa riconnettersi a una condizione primigenia in cui tutto cambia e rinasce in un momento che è eterno e costante insieme, riallacciandosi a una dimensione filosofica della vita, e poi dell’arte, in cui lavorare vuol dire riflettere, generare un pensiero, spaziare, evadere dal reale per poi ritornarci. D’altronde, cosa rappresenta un cavalletto a dondolo se non l’estrema e persistente ricerca dell’arte attorno alle ragioni proprie del suo essere e del suo agire? Ricoprirlo di lievi segni tracciati con una penna Bic vuol dire effettuare la riappropriazione lenta di un simbolo, di un archetipo che riguarda la genesi stessa delle cose dell’arte.

Sarà stimolante osservare le evoluzioni del suo lavoro, soprattutto quando la sua ricerca verrà declinata in una chiava ancor più installativa. Le grandi colonne fluorescenti installate nel cortile interno di Santa Scolastica a Bari, due anni fa, assieme a una traccia sonora, in grado di riflettere non soltanto i passi convinti dello spettatore ma anche l’architettura e lo spazio attorno costantemente in movimento, hanno aperto una ulteriore strada di riflessione nel lavoro di Giuliana Storino. Orientandosi verso la scala ampia, uscendo fuori dagli spazi intimi dello studio di Milano, l’artista potrà costruire nuovi spazi del pensiero.

Sarà una sfida, che non dovrà però farle perdere la dimensione trasognante e lirica del suo lavoro, partendo sempre dalla filosofia (magari da Eraclito, una fonte essenziale delle sue riflessioni, come evidenzia anche il titolo del neon citato), dalla natura e proseguendo verso un confronto – che per certi versi l’artista ha già avviato – con i supporti tecnologici (proiezioni, ologrammi, tracce sonore ripensate anche in una chiave 3D) che potranno farla avanzare verso successive prospettive di crescita.