Marco Barotti

Pietrasanta 1979
Vive e lavora a Berlino
Studio visit di Elisa Carollo

La pratica di Marco Barotti si muove su una interessante intersezione fra suono, ricerca scientifica e tecnologica, sostenibilità. Partendo da un background in ambito musicale, Barotti ha progressivamente esteso la sua esplorazione del suono alla dimensione urbana e naturale, per approdare infine a quelle che si configurano oggi come delle sculture e installazioni cinetico-sonore. Dalle prime opere, che cercavano di rendere esperibili e tangibili fenomeni invisibili all’occhio umano come le onde sonore, l’artista si è mosso verso una dimensione ‘data-driven’, che interroga le possibilità sia poetiche che sociologiche delle nuove tecnologie di diventare strumenti di una diversa coscienza ecologica.

Tramite approfonditi percorsi di studio svolti il più delle volte in collaborazione con università e centri di ricerca, Barotti traduce in esperienze estetiche e sensibili dati e informazioni scientifiche complesse su fenomeni ambientali e sociali. L’obiettivo dell’artista è quello di creare un ecosistema tecnologico alternativo, che gioca su una somiglianza con piante e animali, per denunciarne il disagio in una ontologia tecnologica / biologica ibrida e alternativa.

Ogni anno l’artista invia a varie istituzioni e Paesi uno o più progetti, mentre si concentra sullo sviluppo del successivo, con una organizzazione della propria pratica artistica in stretta collaborazione con il mondo della ricerca, cadenzata da bandi e caratterizzata da un’apertura alla multidisciplinarietà. In particolare, al momento della nostra conversazione Barotti stava lavorando allo sviluppo di due progetti: il primo, Corals, sviluppato con il TU Berlin’s Science Gallery Initiative e il Berlin Institute for the Foundations of Learning and Data (BIFOLD) alla Technische Universität, si configura, a oggi, come una serie di sculture cinetiche sonore che replicano forme di coralli: i movimenti e i suoni che animano queste sculture sono determinati da una elaborazione da parte dell’intelligenza artificiale di dati relativi allo stato allarmante delle barriere coralline, combinate con l’apprendimento di melodie rituali adottate da centinaia d’anni dallehaenyo, sommozzatrici dell’isola di Jeju, e di altre melodie del Giappone. Le opere risultanti si configurano così come un originale tentativo di sciamanesimo tecno-biologico: l’obiettivo dell’artista è quello di inserire queste sculture sonore proprio all’interno delle barriere coralline analizzate, per un comprovato potere di stimolo alla crescita di nuovi esemplari che queste potrebbero avere, emanando le melodie nei fondali.

Tale progetto già evidenzia nella pratica dell’artista un interessante passaggio a un’aspirazione maggiore, ovvero di diventare agente di trasformazione e strumento concreto di rimedio per alcune delle emergenze ecologiche. L’altro progetto, che sta sviluppando in contemporanea con il sostegno di una istituzione estone, è uno studio approfondito della rete micelica globale, volto a creare un database aperto e completo che possa stimolare ulteriori studi.

Muovendosi in questa zona liminale fra utopia e distopia, tecnologia e animismo, la forza della pratica di Barotti sta nel creare opere capaci di dar voce alla natura, traducendo in forma sensibile e poetica dati scientifici complessi e creando potenti metafore tecnologiche/biologiche che rivelano i rischi dell’intervento umano. Il tutto, senza prendere particolari posizioni di condanna o critica rispetto all’idea di progresso, ma abbracciando la tecnologia per portare ai sensi del pubblico il fenomeno stesso. Al contempo, la sofisticata componente scientifica e tecnologica che informa il suo lavoro richiede ingenti risorse anche economiche di produzione e sviluppo, con un complesso coordinamento multidisciplinare che porta l’artista a concentrarsi per un anno o più su un unico progetto, o comunque su un numero limitato di opere. Questo fattore può risultare un ostacolo per l’introduzione del suo lavoro in un ambito di gallerie e fiere d’arte, motivo per cui l’artista ha trovato opportunità di sviluppo dei propri progetti in ambiti universitari e di ricerca, di residenze, Biennali e di commissioni pubbliche.